Un altro sgambetto alle statali
È giusto il caso dei contributi delle dipendenti statali che, nell'ipotesi di dimissioni dal servizio prima dei 65 anni, passano all'Inps e questo ente, per legge, deve loro liquidare la pensione di vecchiaia al compimento di 60 anni di età. E solo ora i tecnici ministeriali si sono resi conto che, in presenza della legge 322, l'aumento dei 65 anni per le donne statali rischia invece di riversarsi, quasi per intero, sui bilanci dell'Inps, incolpevole convitato di pietra.
Soluzione obbligata della vicenda: cancellare la legge 322. L'occasione propizia per il Governo è la imminente conversione in legge del decreto 78 sulla manovra anti-crisi. Con la nuova legge scomparirà dal panorama previdenziale un provvedimento che per oltre 50 anni ha garantito a migliaia di pubblici dipendenti un tranquillo futuro previdenziale. Si salvano dalla cancellazione della 322 le lavoratrici che hanno già lasciato e quelle che lasceranno il servizio prima della conversione in legge del decreto. Sulle altre cadrà inesorabile la mannaia dei 65 anni. Purtroppo nella abrogazione della 322 verranno coinvolti anche gli statali uomini e qualunque altro assicurato all'Inpdap, come i dipendenti degli enti locali.
In futuro, chi lascerà il servizio senza avere i requisiti per la pensione (età e contributi insieme), per avere la pensione dall'Inpdap avrà due strade a disposizione: o pagare contributi volontari fino al raggiungimento dell'età o totalizzare i contributi Inpdap con altre contribuzioni (ammesso che ve ne siano). Altrimenti, lo Stato si terrà stretti i contributi del dipendente, con buona pace della vecchia etica previdenziale.