Due notizie di questi ultimi giorni indicano ancora una volta di quante contraddizioni viva la nostra agricoltura. Da una parte, continuiamo a essere invasi da fiumi di latte fresco e trasformato, dall'altra riusciamo ancora ad invadere altri mercati con alcuni, pochi, nostri prodotti. È la prova più chiara che in Italia non vi è una sola agricoltura, ma molte, diverse fra loro, in declino oppure in grado di competere a seconda delle condizioni di produzione e di impresa.
Iniziamo dal dato negativo. Le importazioni lattiero-caseari aumentano a ritmo vertiginoso. È quanto emerge da una elaborazione di Confagricoltura sui dati Istat ed Ismea. I risultati per il 2004 sono allarmanti. Le importazioni di latte alimentare in confezioni pronte al consumo, nel 2004 sono aumentate del 27%, raggiungendo la soglia dei 4,7 milioni di quintali, che rappresentano ormai il 20% del consumo nazionale complessivo. L'import di burro è cresciuto del 6%. Fanno segnare sensibili incrementi gli acquisti all'estero di formaggi, la cui crescita è del 13%. Intanto - viene fatto notare sempre da Confagricoltura - gli spazi di mercato disponibili per le nostre produzioni si vanno sempre più restringendo. E le stalle - ovviamente - chiudono. Nella Penisola attualmente ve ne sono meno di 50 mila che producono latte bovino: dieci anni fa erano più del doppio. Insomma, quello lattiero-caseario appare sempre di più come un settore in profonda crisi, che investe anche le industrie di trasformazione (da Parmalat a Yomo).
Dall´altra parte, invece, l´Italia vince ancora una volta sul mercato USA del vino. Si tratta di un mercato prestigioso, ricco, importante, che dà spesso l'indicazione commerciale per altre aree. Secondo le rilevazioni dell'Italian Wine & Food Institute, il positivo andamento delle esportazioni nell'ultimo trimestre - in particolare nei mesi di ottobre e novembre - ha permesso all'Italia di mantenere nel 2004 il primato nelle esportazioni vinicole verso gli USA che aveva temporaneamente perduto a favore dell'Australia nei mesi precedenti. Complessivamente, le importazioni vinicole USA dall'Italia nel 2004 sono ammontate a un milione e 813.790 ettolitri per 857 milioni di dollari contro il milione e 940,130 ettolitri (per 822 milioni di dollari circa) dello stesso periodo del 2003, con una diminuzione del 6,5% in quantità ed un aumento
del 4,2% in valore. In altre parole, abbiamo venduto un po' meno bottiglie ma a prezzi più alti. Dietro di noi, tutti gli altri: Australia, Francia, Cile. Una tendenza più o meno simile è stata registrata per gli spumanti.
Dunque a far vincere sui mercati non è più solamente la qualità del prodotto, ma l'organizzazione commerciale, la strategia di marketing, l'immagine che si costruisce, gli accordi che si raggiungono. Strumenti noti, ma ancora difficili da applicare in maniera estesa ad un settore denso di contraddizioni e di diversità.