Il primo sussidio tratto dal creato da parte di Gesù per parlarci del Padre sono i volatili. Il termine originale peteinós infatti significa "alato". Il Maestro invita a coniugare nei confronti degli uccelli il verbo emblépo che significa "fissare lo sguardo", "osservare attentamente". Seguendo l'indicazione di Gesù si arriverà a comprendere perché simili esseri non muoiano di fame. Nei nidi degli uccelli non si trovano attrezzi agricoli ed essi non sono neppure proprietari di silos e granai, eppure essi non conducono una vita stentata, anzi sono molto dinamici e attivi, sulla colonna sonora di briosi cinguetti. Dove viene loro tanta vitalità? Per lo sguardo penetrante di Gesù la risposta è chiara: «Il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,26). Dio viene presentato come colui che si comporta da nutrice (il verbo è trépho) verso gli uccelli. Le bacche, i semi, gli insetti di cui si nutrono sono frutto della delicatezza divina che somministra loro cibo in quantità proporzionata e in qualità gradita, proprio come farebbe una balia. Ma il legame esplicito è tra Dio e gli uomini. Di essi egli è presentato come padre. Colui che ha tenerezza materna verso tutte le creature ha provvidenza paterna verso tutti gli esseri umani. Persino il cibo degli uccelli è nascondiglio prodigioso della paternità divina.