Tutti dentro, a Torino E senza sfondare porte
Le buone pratiche sono capaci di tenere insieme atteggiamento e obiettivo. Il modo in cui le cose si fanno, insieme al motivo per cui le si fa, struttura la realtà. Arriviamo da mesi in cui della realtà ci è stata raccontata soltanto una porzione, e una percentuale minoritaria che impone una narrazione e cattura la quasi totalità delle attenzioni dei media è un rischio che non possiamo più correre. Ecco perché un evento che fa della narrazione il suo contenuto ci permette di riflettere oggi, insieme al suo successo, sulla possibilità di cambiare un paradigma, di riappropriarci di un punto di vista globale.
D'altronde leggere serve proprio a questo: ad allargare orizzonti, ad aprire mondi, a guardare le cose con occhi diversi. Questo è successo nei giorni torinesi del Salone del Libro, quando decine di migliaia di persone hanno deciso di riprendere in mano la propria vita e di farlo con un silenzio, un ordine e una determinazione impressionanti.
Visto che in questa rubrica, da anni, la scintilla delle riflessioni nasce da contesti legati allo sport, non posso non sottolineare che, mai come quest'anno, la narrazione dello sport è stata protagonista a Torino. Una sala dedicata (non poteva che chiamarsi "Olimpia") curata da Federico Vergari ha visto alternarsi libri e protagonisti del mondo dello sport di fronte a un pubblico sempre numerosissimo e coinvolto. Dopo un'estate sportiva così densa di ispirazioni è bello che sia arrivato il momento di raccontare lo sport e di scoprire quanto possa cambiare il mondo. La lettura (e lo sport) diventano così strumento potentissimo, come perfettamente riassunto da Nicola Lagioia nella conferenza stampa di chiusura: «Non pensiamo a cinque giorni importanti solo per Torino. Sono stati cruciali per il Paese. Sfogliare un libro forse fa meno rumore che sfondare le porte della Cgil». Fa meno rumore, senza dubbio. Come una foresta che cresce.