«Il tempo è un bambino che gioca a tric trac: è il regno di un bambino». In questo frammento di Eraclito la plasticità della scena comunica serenità e gusto. Quel clima dei pomeriggi d'inverno e pure d'estate, passati a giocare a tric trac. Un gioco antichissimo, praticato ancor oggi. Basta trovare un compagno per farne un giocatore e quindi sedersi, l'uno davanti all'altro, alla "tavola reale". Il gioco consiste nel cercare di occupare il terreno dell'avversario finché le sue pedine non vengano del tutto eliminate dalla tavola. Poco importa, perché si tratta di un gioco ed è fatto per divertirsi. Ma questa scena infantile viene usata da Eraclito come metafora del tempo e ciò fa diventare l'ingenuo diversivo qualcosa di molto più serio. Fa pensare che il tempo non sia senza ragione, ma l'occasione per giocare, volenti o nolenti, una partita. Che bisogna cercare di vincere senza barare, né rinunciare, come fece il Georges Gray di Spoon River: «L'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta ed io ebbi paura; l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti; malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino dovunque spingano la barca». I bambini ci riescono.