Tribunali e procure. Il vero dilemma: un giudice per i minori o un giudice minore
Allargando la visuale all'Unione Europea, non è difficile leggere, nella recente Direttiva 2016/800/Ue sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (la quale pure si astiene dal suggerire modelli organizzativi dettagliati), una precisa scelta di campo per un "giusto processo" minorile, attento al recupero e al reinserimento degli autori di reato e alla correlata riduzione del tasso di recidiva.
Rispetto a tale situazione, a molti (Csm compreso, ma ho in mente l'appello sottoscritto da un folto numero di docenti universitari, esperti, professionisti di cultura, sensibilità e provenienza diversissime), è parso che la proposta di legge approvata dalla Camera, che accorpa gli uffici minorili con quelli ordinari, richieda un'attenta riflessione. Se è vero che tutti concordano sulla necessità di continuare a garantire l'elevata specializzazione professionale della magistratura addetta a tale settore e che c'è anche un discreto consenso sull'opportunità di un sistema giurisdizionale unitario e integrato (oltre che multidisciplinare e attento alle esigenze di prossimità geografica), allora non dovrebbe essere difficile consolidare il modello italiano di giustizia minorile, in luogo di destrutturarlo in nome di attesi benefici finanziari e organizzativi che paiono, alla grande maggioranza degli operatori di settore e degli esperti, largamente aleatori. Insomma, il «superiore interesse del minore», invocato non sempre a proposito, in questo caso dovrebbe suggerire il rafforzamentodei Tribunali e delle Procure minorili: un magistrato non minore, ma per i minori.