Tre storie al femminile che meritano attenzione
sono a tema il lavoro, l’informazione, la medicina, gli aspetti normativi, la formazione. Quando infine (episodio del 4 giugno shorturl.at/5VBxn) si parla di algoretica don Luca Peyron, dell’Apostolato digitale di Torino, caratterizza definitivamente in termini non apocalittici lo sguardo che l’intera serie rivolge all’IA, se ci si concentra sul bene che ne deriva e «sullo scopo umano ultimo» della tecnologia: «Perché la vocazione di noi cattolici più è umana, più è divina». Ciliegina sulla torta: la partecipazione di una voce femminile che interpreta la stessa IA. Somiglia a quelle che animano i vari assistenti vocali e talvolta suona presuntuosa; Colagrande replica pazientemente alle sue pretese e l’effetto è di ridimensionarne, attraverso l’ironia, l’impatto. «Far memoria della bellezza della mia vita» Vania De Luca fa parte della ormai numerosa schiera di giornaliste che raccontano il papa: “vaticanista”, dice la qualifica, senza lasciar intendere se donna o uomo... Lavoro (attualmente in forza al Tg3) e famiglia non le consentono abitualmente di coltivare, sui social, una specifica modalità di presenza. Ma ultimamente «un riposo forzato di qualche settimana» le ha permesso di pubblicare sul suo profilo Facebook «un pensiero al giorno» (debitamente illustrato): la numerazione dice 22, al momento in cui scrivo, ma i post veri e propri sono 19 perché l’autrice ha osservato, ogni settimo giorno, un sabatico riposo. Il fine è «fare memoria della bellezza di cui la mia vita è stata fin qui veramente piena». Quindi leggiamo ricordi (di luoghi, persone, momenti), conditi di riflessioni profonde e genuine. In esse il Vangelo, creduto e laicamente vissuto, traspira anche quando non vi si fa riferimento esplicito. Non sono propriamente brevi – come tanti testi che postiamo in ossequio allo stile dei social – ma si leggono d’un fiato, fedeli come sono alle loro intenzioni: canti di lode, seppure non ignari delle prove dell’esistenza. Se proprio dovessi scegliere una frase che li racchiude, come quelle che si mettono sulla quarta di copertina di un libro (e questo è anche un auspicio...), prenderei questa, che conclude il “pensiero” del 30 maggio (shorturl.at/MMT57): «Ho l'impressione che o si torna, ciascuno nel suo contesto, ai significati autentici (dei segni, delle parole, delle modalità di relazione), o si affonda. Tutti». © riproduzione riservata