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Tre storie al femminile che meritano attenzione

Guido Mocellin sabato 8 giugno 2024
Una suora, una “bot” e una vaticanista: le storie dell’infosfera ecclesiale che mi hanno colpito questa settimana hanno in comune solo il genere femminile delle loro protagoniste. Ma mi paiono abbastanza significative da meritare un supplemento d’attenzione. La prima: in Spagna la squadra dell’Atletico Madrid ha affidato a un referendum via email, al quale ha partecipato il 56% dei suoi 139mila soci, la decisione se mantenere o meno il nuovo stemma, ridisegnato nel 2017. Ha prevalso la volontà di tornare indietro, sebbene le modifiche siano state marginali e, a uno sguardo profano, migliorative, e sebbene molti trofei avessero già arriso allo stemma rinnovato. Ora che la scelta sta diventando operativa la società ha deciso di comunicarla tramite un video (shorturl.at/6bJXe) che ha attratto l’attenzione anche dei media spagnoli di ispirazione cristiana, come il settimanale “Vida Nueva” (shorturl.at/JabKr), oltre che in genere degli utenti della Rete (50mila visualizzazioni in dieci giorni). In due minuti va in scena la vicenda (vera, assicura l’Atletico) di una religiosa che prega intensamente e quotidianamente per il successo del referendum abrogativo del nuovo stemma. Più o meno riferibili alla dimensione della fede (quella vera come quella sportiva) il titolo, «Non smettere mai di credere», e la frase finale, d’impronta pascaliana: «Talvolta il cuore ha le sue ragioni, che il marketing non conosce». Intelligenza artificiale un po’ presuntuosa “Radio Vaticana – Vatican News” continua a segnalarsi per la qualità e l’originalità dei suoi podcast, curati da Fabio Colagrande, Benedetta Capelli e Amedeo Lomonaco. L’ultimo nato è “Anime digitali” (shorturl.at/TTkqR), cinque episodi da 20 minuti ciascuno realizzati in collaborazione con la Pontificia Università della Santa Croce. Li ha scritti un suo docente, Giovanni Tridente, che nel podcast interloquisce con Fabio Colagrande e con qualificatissimi esperti. L’obiettivo è rispondere a una domanda che da almeno due anni a questa parte sta su tutti i media: «Come l'IA, intelligenza artificiale, potrebbe cambiare o sta già cambiando la nostra vita?», e che non ha mancato di interpellare lo stesso papa Francesco. Il primo episodio è introduttivo; nei quattro seguenti
sono a tema il lavoro, l’informazione, la medicina, gli aspetti normativi, la formazione. Quando infine (episodio del 4 giugno shorturl.at/5VBxn) si parla di algoretica don Luca Peyron, dell’Apostolato digitale di Torino, caratterizza definitivamente in termini non apocalittici lo sguardo che l’intera serie rivolge all’IA, se ci si concentra sul bene che ne deriva e «sullo scopo umano ultimo» della tecnologia: «Perché la vocazione di noi cattolici più è umana, più è divina». Ciliegina sulla torta: la partecipazione di una voce femminile che interpreta la stessa IA. Somiglia a quelle che animano i vari assistenti vocali e talvolta suona presuntuosa; Colagrande replica pazientemente alle sue pretese e l’effetto è di ridimensionarne, attraverso l’ironia, l’impatto. «Far memoria della bellezza della mia vita» Vania De Luca fa parte della ormai numerosa schiera di giornaliste che raccontano il papa: “vaticanista”, dice la qualifica, senza lasciar intendere se donna o uomo... Lavoro (attualmente in forza al Tg3) e famiglia non le consentono abitualmente di coltivare, sui social, una specifica modalità di presenza. Ma ultimamente «un riposo forzato di qualche settimana» le ha permesso di pubblicare sul suo profilo Facebook «un pensiero al giorno» (debitamente illustrato): la numerazione dice 22, al momento in cui scrivo, ma i post veri e propri sono 19 perché l’autrice ha osservato, ogni settimo giorno, un sabatico riposo. Il fine è «fare memoria della bellezza di cui la mia vita è stata fin qui veramente piena». Quindi leggiamo ricordi (di luoghi, persone, momenti), conditi di riflessioni profonde e genuine. In esse il Vangelo, creduto e laicamente vissuto, traspira anche quando non vi si fa riferimento esplicito. Non sono propriamente brevi – come tanti testi che postiamo in ossequio allo stile dei social – ma si leggono d’un fiato, fedeli come sono alle loro intenzioni: canti di lode, seppure non ignari delle prove dell’esistenza. Se proprio dovessi scegliere una frase che li racchiude, come quelle che si mettono sulla quarta di copertina di un libro (e questo è anche un auspicio...), prenderei questa, che conclude il “pensiero” del 30 maggio (shorturl.at/MMT57): «Ho l'impressione che o si torna, ciascuno nel suo contesto, ai significati autentici (dei segni, delle parole, delle modalità di relazione), o si affonda. Tutti». © riproduzione riservata