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Tre navigazioni

Ivano Dionigi sabato 7 marzo 2020
La traversata del mare della vita, così insegna la riflessione classica, può essere compiuta con due diversi tipi di navigazione: la scienza e la filosofia. La “prima navigazione” è quella in cui gli uomini in mare si affidano alla forza naturale dei venti. Ma per Platone (Fedone 99 d) a questa navigazione, precaria e occasionale, occorre sostituire la “seconda navigazione” (déuteros ploûs), affidata alla certezza dei remi, che ti soccorrono laddove non spira più il vento: agli occhi del corpo, propri dell'indagine fisica, Platone sostituisce gli occhi dell'anima, che colgono la realtà meta-fisica: è la filosofia che medita sulla vita e sulla morte e nutre la "grande speranza" (megále elpís 114 c-d) della sopravvivenza. Tuttavia Platone è consapevole che per poter fare il viaggio con maggior sicurezza e su una nave più solida, occorrerebbe affidarsi a un discorso divino (85 d theîos lógos). Ma per salire su quella nave più solida e attingere a questo discorso divino, che Platone ipotizza ma non certifica, bisognerà attendere la rivelazione cristiana, dove, in una sorta di “terza navigazione” (G. Reale) - la navigazione della fede -, soccorre quel «legno della croce di Cristo che ci consente di attraversare il mare di questo secolo» (Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni II 2).