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Transizione in Comune: Milano ce lo dimostri

Franco La Cecla giovedì 21 ottobre 2021
È il momento dei sindaci. Vedremo nelle prossime settimane se sapranno dare luogo a quella rivoluzione urbano-ambientale che è oramai attesa da più parti, anzitutto dall'Europa che ce ne rimprovera il ritardo. I sindaci lo possono fare molto più di dubitabili ministri alla transizione e dello stesso governo centrale.
Partiamo da Milano. Il consenso guadagnato da Sala implica che la "Milano delle persone" si aspetta da lui qualcosa di molto concreto; che anzitutto la preferisca alla Milano del Real Estate. Ce la farà? È in ballo il futuro di una città che deve diventare più equa per tutte le età e le abilità. Bisogna "tirare fuori" dalle case anziani, bambini, disabili e tutta la popolazione. Per farlo occorre una politica seria della mobilità. Le auto non devono essere l'utenza privilegiata delle strade; significa far pagare ai Suv lo spazio assurdo che occupano e rendere la mobilità privata un diritto da guadagnare (ritariffare la sosta, ridistribuirla, punire severamente ogni intrusione sui marciapiedi) e ovviamente quella pubblica una vera alternativa, intelligente, piacevole, sana (è ora di svecchiare l'idea di Gae Aulenti della metro come tunnel nero). I marciapiedi vanno riqualificati sull'esempio di Barcellona: una città come Milano non può permettersi di trattare i marciapiedi come se fossero strade da asfaltare: sottraendo al respiro del terreno una buona parte degli spazi pubblici. Il verde deve smettere di essere un investimento fru-fru che serve ad abbellire una parte sconcia del nuovo centro direzionale che assomiglia sempre di più a un cimitero di uffici.
Oggi con lo smart-working è assurdo continuare a costruire centri direzionali per giunta in centro. Riuscirà Sala a resistere alla polvere negli occhi della "fuffizzazione" da parte di certe archistar? Ci basta l'imbarazzo del ciuffo di Fuksas alla Fiera. Dobbiamo aggiungervi boschi orizzontali, diagonali, sghembi? L'epoca in cui le archistar potevamo rappresentare brand e qualità è tramontata, l'esempio Barcellona vale per tutte, con la supposta di Jean Nouvel e le follie di Zaha Hadid. Oggi le città hanno bisogno di una vera progettazione ambientale, di una massiccia riforestazione, di essere plastic-free (e non solo smoke-free) e non di greenwashing di pura facciata. Il pericolo delle Olimpiadi si avvicina. Gli dèi dell'Olimpo proteggano Sala dalla tentazione di diventare l'ennesimo paladino delle "grandi opere" e degli inutili monumenti alla vanagloria degli stilisti. E infine Milano ha bisogno di abitazioni, di riqualificare il grande parco urbano delle case Aler o Rm. Ha bisogno di equità, di accessibilità per una popolazione nuova di studenti nazionali e internazionali che ne stanno cambiando il volto. Insieme ad essi una nuova soggettività consapevole di coppie, famiglie, single, che vogliono vivere e respirare e trasformare Milano in un vero centro delle industrie creative.
Oggi si guarda da mondi lontani a Milano come uno dei luoghi più ambiti di formazione, ma anche di investimento di cibi di qualità, di beni di alta gamma provenienti da Cina, Corea, Giappone (non è un caso che il posto più internazionale di Milano sia via Paolo Sarpi con i nuovi investitori della Cina continentale). Che sia la città della moda, sì, ma la vetrina della moda mondiale, africana, asiatica, sud-americana. Forse solo così possiamo evitare, caro sindaco, di restare dei provinciali vittime della retorica di facciata.