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Tra Alcide e Palmiro una collaborazione solo per ragioni tattiche

Maria Romana De Gasperi sabato 20 agosto 2011
Il “Corriere della Sera”, in un terzo articolo dove si annunciava la lectio magistralis preparata da Giuseppe Vacca, presidente dell'Istituto Gramaci sul tema dei rapporti tra De Gasperi e Togliatti, ha richiamato una mia testimonianza sull'incontro politico dei due personaggi. Mi piace chiarire che la frase riportata dall'ultimo articolista non è completa. Infatti io scrivevo sul volume De Gasperi, uomo solo esattamente questo: «Sarebbe stato impossibile in quei primi tempi spaccare il fronte della resistenza in Italia, escludendo dal governo le forze della sinistra. La collaborazione del resto non si spinse mai nel campo ideologico, ma fece parte di una politica di emergenza e si svolse contemporaneamente a quella delle potenze occidentali con l'Unione Sovietica. De Gasperi ammetteva ci fosse stata in quei tempi anche la speranza di una evoluzione democratica del comunismo che peraltro corrispondeva al clima internazionale, alle “generose visioni” di Roosevelt, appoggiate dallo stesso Churchill». In nota però riportavo parte di una lettera aperta di De Gasperi a Togliatti di questo tenore: «Tu non hai mai illuso, né io ti ho mai fatto supporre che ci potessimo scambiare anche le dottrine, le tendenze e direi anche le parti: cioè tu facessi il cristiano ed io il marxista. Ognuno nasce con i connotati propri e se i contatti sono sempre possibili non è lecito confondere le ragioni tattiche con le convinzioni». Tutto questo mi sembra abbastanza diverso da quella collaborazione descritta dal “Corriere” quando dice: «Insomma i due leader erano vicini. E lo erano anche perché lavoravano a un disegno politico comune consentito dal clima della Grande Alleanza...» Quella di De Gasperi fu poi una scelta di campo e guardando al passato, ci viene da pensare che se il nostro Paese avesse allora deciso di seguire la strada di Togliatti, noi oggi saremo allo stesso posto della Romania, dell'Ungheria e nel migliore dei casi, della Polonia. Ci si potrebbe anche chiedere come mai si parla ancora di De Gasperi. Forse perché soprattutto fra i giovani c'è nuovamente il richiamo a una politica di convinzioni profonde, di rivalutazione di quei principi di onestà e dirittura morale che il dopoguerra ci aveva quasi imposto per risalire la china nella quale eravamo caduti. Gli uomini che oggi hanno il potere, piccolo o grande che sia, dovrebbero chiedere una mano al mondo giovane e valutare il loro possibile apporto alla cosa pubblica che ha necessità di nuovo coraggio per questo futuro che cambia sotto i nostri occhi. C'è bisogno di rileggere De Gasperi per riprendere a distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è, per credere ancora una volta che la politica deve essere una scelta di vita destinata al bene comune. «Adesso ho fatto tutto ciò che era in mio potere, la mia coscienza è in pace». Sono queste le parole di uno degli ultimi giorni di vita di mio padre. Quale fortuna sarebbe poterlo ripetere anche noi.