Disse Blatter: «Mai la moviola in campo, distruggerebbe le emozioni, i dibattiti al bar, lo spirito del calcio...». Gli diedi ragione. Poi, s'è visto: si è pentito lui, sto pentendomi io. Mai tante emozioni e dibattiti – in tivù, in radio, sui giornali, sui social, anche in famiglia, a scuola, al Parlamento – dopo Roma-Inter, partitissima poco serena ma molto VARiabile (passatemela, va') che senza le sviste di Rocchi e dei tecnici di supporto avrebbe ricavato un giudizio univoco da critici e fans: «Bella ma inutile». Invece della Var adesso anche l'Uefa ne ha ufficializzato l'arrivo già dai prossimi ottavi di finale, mentre sul fronte intrno ieri sia il presidente dell'Aia Nicchi sia il designatore Rizzoli hanno chiaramente parlato di errore arbitrale e umano di Rocchi e Fabbri. Gli arbitri sono stati sempre discussi, giudici di prima istanza le cui decisioni spesso durano per l'eternità, come il gol di Turone annullato in Juve-Roma, come il rigore negato a Ronaldo in Juve-Inter; oggi si mette in dubbio una sentenza della Cassazione – questa è la Var – inappellabile come la Mano de Diòs di Maradona. Chissà perché mi viene in mente Diego, uno che ne ha fatte di tutti i colori ma non protestava mai perché aveva (ha) il calcio nel sangue. Ah, sì: ho ripensato a lui, Maramondo, quando ho visto Francesco Totti – eroe glocale – fare il giro delle tivù per contestare non tanto Rocchi, reo di sentirsi ancora più uomo che macchina, dunque fallibile, ma «quello de Var che forse stava a vede 'n'altra partita». Francesco il Giustiziere mi ha dato un grande dispiacere: i fantagrandi come lui non dovrebbero mai finire nel tritacarne post partita come fecero pochi, in passato, tipo Rivera che studiava addirittura da onorevole e si era allenato a castigare presidenti, arbitri, tifosi indisciplinati, addirittura Berlusconi. Ma è successo perché doveva succedere: ci si chiedeva da tempo che posto da dirigente occupasse Francesco alla Roma. Probabilmente non lo sapeva nessuno, per rispetto del Mito, fino a quando è intervenuto Pallotta, il prosaico Pallotta che ha telefonato a Monchi dopo lo sciagurato uno-due, rigore negato gol incassato, e gli ha detto: «Schiusmi, ma Totti che lo teniamo affa'? Scatenalo». E abbiamo visto Totti Scatenato, non Jake LaMotta di Scorsese ma una creatura di Verdone. Non arrogante, non offensivo, forse efficace perché ogni sua parola s'è dilatata come un'eco fino a raggiungere il cuore di molti giallorossi e la simpatia di amici e avversari che ormai si chiedono quale sarà la prossima mossa. Suggerisco: «Sora sindaca, 'sto stadio lo famo o no?». Ma in verità vorrei il contrario: vorrei che il Giovin Signore dei sorrisi e delle lacrime non fosse invischiato in basse faccende di bottega.