Ai non romanisti Francesco Totti non è mai stato simpatico. Sarà perché chi giocava contro la Roma dei suoi tempi almeno un gol dal Capitano rischiava di prenderlo. Eppure la storia del numero 10 giallorosso non può che affascinare coloro che amano il calcio e che poi, giustamente, si lasciano andare alle emozioni del tifo, quello sano, romanticamente irrazionale, senza il quale lo stesso calcio ha poco senso. Fatto sta che Totti per Roma (ovviamente non per quella di fede laziale) è un monumento e la sua storia può diventare tranquillamente un libro, un docufilm e una serie tv. Il libro è l'autobiografia Un capitano scritta con Paolo Condò, il docufilm è Mi chiamo Francesco Totti, tratto dal libro come la serie tv Speravo de morì prima, da ieri su Sky Atlantic, con un bravo Pietro Castellitto, la regia di Luca Ribuoli e un titolo ispirato al geniale striscione di un tifoso che non avrebbe mai voluto assistere all'ultima partita di Totti. Al centro della vicenda gli sgoccioli di attività agonistica del campione, il duro scontro con l'allenatore Luciano Spalletti (interpretato molto bene da Gianmarco Tognazzi) e i riflessi sulla vita privata. In Speravo de morì prima c'è infatti più spogliatoio che campo, più uomo che calciatore, con la sua fragilità, ma anche la determinazione, con la voglia di sfidare il tempo e di vincerlo nonostante il rischio di una sonora sconfitta. Ma Totti si riteneva beneficiario di un dono quasi divino (si veda nel primo episodio la carezza di Giovanni Paolo II, anche se opportunamente sdrammatizzata con l'ironia e i toni da commedia che caratterizzano tutta la serie evitando l'agiografia). Un predestinato che ha reso trionfale (grazie anche al caso) un addio che rischiava di essere mesto perché tardivo. Per lui i romanisti hanno pianto, materialmente, e forse non solo loro, a conferma che il tifo è davvero una bella follia e la serie di Sky ci rende partecipi anche di questo, sin dall'inizio, con il detenuto che si fa dieci giorni di carcere in più per abbracciare il Capitano in visita a Rebibbia.