le opere e i gesti hanno bisogno di essere alimentati da un orizzonte ampio, in grado di fondare le motivazioni di ciò che facciamo e guidarci nel mondo, soprattutto davanti alle sfide. E il Vangelo si offre come radice e fonte, da cui attingere la forza necessaria per dare forma alla vita di Dio nella storia, l’opera cui tutti i cristiani sono chiamati. È con questo spirito che nel XVII secolo, in seno alla “riformella” del beato Bonaventura da Barcellona nacquero i “ritiri francescani”. Seguendo queste tracce, più tardi san Tommaso da Cori fece di questa sensibilità, che univa meditazione e carità, uno strumento di evangelizzazione nel Sublancense, la regione di Subiaco. Per questo è ricordato come «l’apostolo del Sublancense». Tommaso, al secolo Francesco Antonio Placidi, nato nel 1655 a Cori (Latina), seppe affascinare e convertire i suoi contemporanei. E seguendo la “riformella”, appunto, fondò i ritiri di Civitella (oggi Bellegra) e Palombara Sabina. Le sue regole di meditazione scritte per Bellegra vennero poi estese a tutti i ritiri francescani. Era entrato a 22 anni nei Frati Minori a Orvieto e venne ordinato prete nel 1683 a Velletri dedicandosi alla predicazione e divenendo un ricercato maestro di spiritualità dai suoi contemporanei. Morì nel 1729, fu beatificato da Pio VI il 3 settembre 1786 e venne canonizzato da Giovanni Paolo II il 21 novembre 1999.
Altri santi. Sant’Igino, papa (II sec.); beato Francesco Rogaczewski, sacerdote e martire (1892-1940).
Letture. Romano. 1Sam 4,1-11; Sal 43; Mc 1,40-45.
Ambrosiano. Sir 44,1.15-18; Sal 111 (112); Mc 1,35-45.
t.me/santoavvenire
© riproduzione riservata