XXIII Domenica del Tempo ordinario - Anno B
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Capita anche a noi, e tante volte nella nostra vita, che ce ne stiamo chiusi in noi stessi, sigillando ben bene gli spazi attraverso i quali la vita può insinuarsi, tappando ogni pertugio per evitare che qualcosa di esterno entri in noi e ci ferisca. Capita anche a noi di essere sordomuti. Tanto sordi e tanto muti da non riuscire a dire il dolore che ci attanaglia e da non voler sentire quello dell’altro. Un grido strozzato.
Bello allora oggi leggere questo brano di Vangelo che ci riporta davanti a Gesù, da soli, in disparte, io e Lui a guardarci negli occhi, un solo sguardo: il mio di impotenza, il Suo di amore sulla mia impotenza.
A chi presuppone che Dio sia un Dio immateriale, etereo e intangibile Gesù dimostra che invece Lui ama sporcarsi le mani, lavandoci i piedi, toccando piaghe o infilandoci un dito nelle orecchie: Lui ama toccarci.
Gesù tocca, sputa, spalma fango, alita, prende per mano perché a Lui piace così, sentire e farsi sentire concretamente: Lui ama toccarci.
E la nostra pelle, al suo tocco, freme; il nostro cuore, al suo tocco, brucia, perché anche a noi viene sussurrato «Effatà», come un sospiro, come una preghiera. Apriti all’ascolto, apriti al dialogo, alla relazione, alla vita. Non pensare di essere solo, è questo ciò che ti fa tremare e ti spegne: apriti come si apre la finestra al mattino, lasciati raggiungere dall’aria pulita della notte, dal fresco della rugiada sull’erba. Sgancia le cerniere, fa’ saltare i lucchetti, rompi le catene che ti costringono e ti rendono muto e sordo.
Ascolta: la vita parla e canta e che anche nella tua casa si faccia festa.
Lo abbiamo sentito nella prima lettura: «Egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua».
Oggi Gesù compie gesti che ricordano quelli della creazione, forse perché ogni volta che acconsentiamo ad aprire la zolla del nostro cuore è sempre un nuovo inizio, qualcosa di inimmaginabile si avvera, la vita prende nuova forma. Ed è festa, è inizio di bellezza, è gioia di nodi che si sciolgono, di orizzonti che si schiudono: è Lui che ci tocca.
(Letture: Isaia 35,4-7; Sal 145; Giacomo 2,1-5; Marco 7,31-37)
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