È candidato a cinque importanti premi Oscar ed è uno dei film più attesi della stagione. All'insegna dell'eccesso, The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, tratto dall'autobiografia di Jordan Belfort, racconta in quasi tre ore la vita di un giovane broker che, assetato di denaro nella New York del 1987, fondò una compagnia che vendeva azioni di scarso valore, ma che assicuravano commissioni altissime. In dieci anni il “lupo di Wall Street” guadagnò una montagna di soldi con cui comprò case di lusso, automobili fuoriserie, droghe di ogni genere, escort, yacht. Prima di essere incastrato dall'Fbi nel 1998 e finire in galera. Leonardo Di Caprio, in una veste particolarmente istrionica, recita volutamente e costantemente sopra le righe, calandosi anima e corpo in un personaggio attraverso i cui occhi la storia viene raccontata. Ma il suo virtuosismo non basta a fare di The Wolf of Wall Street un lavoro convincente. Nulla scopriamo dei meccanismi di Wall Street che hanno generato quella “febbre”, nulla sappiamo del lavoro del protagonista e delle sue povere vittime truffate. Il film si concentra in maniera funambolica sulla sbornia del broker e dei suoi soci mostrando orge, euforia e tutto ciò che può capitare quando sei ostaggio di sostanze stupefacenti, trasformando Belfort in una simpatica canaglia. E se qualcuno ha contato le volte in cui la stessa parolaccia viene pronunciata nel film – ben 569 volte – colpisce ancora di più che Belfort, condannato a risarcire le sue vittime, continui a guadagnare un mucchio di soldi con la vendita dei suoi libri e con le sue conferenze dove insegna ai giovani come diventare bravi venditori.Alessandra De Luca