Arnoldo Mosca Mondadori cura per la Morcelliana la collana “Scritture profetiche”, che valorizza la grafia degli autori intesa come «scavo e ispirazione di un ascolto. L'ascolto della Parola, l'ascolto dell'Altro». Il più recente volumetto è di Anna Maria Cànopi, e s'intitola «... ancora cantando» (pagine 128, euro 10,50).Anna Maria Cànopi, ben nota ai nostri lettori, è fondatrice e abbadessa del monastero benedettino Mater Ecclesiae dell'Isola di San Giulio sul Lago d'Orta, dove, oltre all'assiduità alla Lectio divina, svolge un'intensa attività di direzione spirituale anche verso gli intellettuali.Ecco dunque, in nitida grafia sulle pagine pari, le poesie stampate a fronte, sulle pagine dispari. È sempre appassionante vedere come scrivono gli scrittori: Gabriele d'Annunzio è tutto negli svolazzi della sua grafia che non economizza la carta, poche righe per pagina; e la scrittura ascendente di Giuseppe Ungaretti, valorizzata dall'inchiostro verde, dice molto dello slancio spirituale del poeta, con le aste discendenti della “g” e delle “p” forse troppo allungate.Se delle poesie della madre Cànopi vengono offerti gli autografi, è inevitabile analizzarli. Nel caso (come in tutti i casi del genere) la scrittura, in vista della pubblicazione, è un po' “in bella copia”, quindi molto controllata, per esempio, nei margini. Ma quando l'autrice si sente forse più spontanea, ecco che, di riga in riga, il margine sinistro – che indica il rapporto col passato e anche con l'autorità – si allarga verso il basso, dando al testo una forma quasi triangolare: tipica la stesura di “Mi bastava un fiore”, e anche di “E fu sera, e fu mattina”, “Tu” e non poche altre. Si può arguire che l'autrice inizia ben ancorata al suo passato e alle sue certezze, ma via via si sente sempre più libera, impaziente verso il futuro (margine destro).I temi sono di preghiera, anche di dolore, soprattutto nelle meditazioni del Venerdì santo, e sempre con una controllata dolcezza, in contemplazione della natura anche di un semplice fiore. Non mancano, però, riferimenti all'attualità, come nella poesia “Ad Erika”, intrisa di sgomento e di materno perdono, dedicata alla ragazza di Novi ligure che uccise la madre e il fratellino; o l'altra poesia per il “Processo Franzoni”, dove la madre fu condannata per aver ucciso il figlioletto; e non manca il ricordo per il piccolo Ailan: «Ti chiameremo Albino: / nato e morto ai primi albori / di un giorno senza data» (“Desolata spiaggia”). La versificazione è spontanea, allo stato sorgivo. Ma è tale e tanta la tensione della lingua italiana verso l'endecasillabo, che anche in queste pagine troviamo endecasillabi celati. Per esempio, «Questo mi basta, o Dio, per dirti: “Grazie!”», è un perfetto endecasillabo, ma lo troviamo scritto con tre “a capo” «Questo mi basta, / o Dio, / per dirti: / “Grazie!”». O anche: «Ed avanza, / avanza / silente / la sera», dove, eliminando la “d” eufonica di "Ed avanza" (scorretta, perché la consonante eufonica va usata solo quando si trova fra due vocali uguali), si ricava un bellissimo endecasillabo: «E avanza, avanza silente la sera».Le ultime otto poesie sono dedicate ai pontefici che la madre ha conosciuto. Quella per Pio XII è la più antica (tutte le altre sono degli ultimi tre o quattro anni), datata «ottobre 1958», anno della morte del grande pontefice («Tu, al mio cuore / indelebile memoria»). Giovanni XXIII è ricordato nel sorriso della luna di quell'indimenticabile sera; Paolo VI è «martire nel cuore / per la Chiesa»; Giovanni Paolo I «forse il più rimpianto / come la scomparsa / di un neonato / subito rapito in cielo»; il messaggio di Giovanni Paolo II è stato accolto: «Non abbiamo paura: / davvero il Signore / è sempre con noi!»; Benedetto XVI, «forte come una roccia / fragile come un bambino», è «dono del Cielo per una terra desolata»; e papa Francesco, «con ferita / nascosta nel cuore / ci parla / di misericordia / e di perdono».Una bella testimonianza di fede, di amore alla Chiesa, di anelito poetico.