Il freddo e il gelo stanno mettendo a dura prova le zone terremotate del Centro Italia. E la terra trema ancora, anche se non fa più notizia. Ma intanto gli animali si ammalano velocemente e in molti casi muoiono. La Coldiretti ha denunciato che soltanto il 15% delle strutture di protezione degli animali sono state realizzate. E un'ordinanza ha finalmente autorizzato gli allevatori a comprare direttamente ciò che serve per garantire la continuità produttiva delle proprie aziende. Saranno rimborsate al 100%. Sì, ma se nel frattempo gli animali stressati dalle scosse e colpiti dal freddo muoiono, ci vuole un altro tipo di ordinanza per non lasciare sul lastrico dei piccoli imprenditori. I produttori delle zone colpite lamentano che oltre al danno (case distrutte, laboratori) si aggiunge anche la beffa di anticipare di tasca propria ogni spesa. Un caro amico, Luigi Galluppi, nei giorni scorsi ha preso l'auto per andare a vedere di persona come è la situazione, per poi riferire ai propri amici su come orientare eventuali aiuti. E due sono state le sensazioni che ha raccolto. La prima, che gli italiani, in queste feste di fine anno, abbiano tenuto conto, nell'economia di regali e di cibarie, dei prodotti che vengono da quei paesi, assorbendo una significativa parte della produzione. La seconda sensazione è che funziona l'iniziativa dei singoli, perché di fatto non c'è alcuna direttiva per salvaguardare microeconomie e imprese, che poi sono il sale e la speranza perché questi paesi non vengano abbandonati. A Visso sono rimasti pochissimi abitanti. E quelli che son rimasti - ci hanno riferito - sono giovani, che possono sopportare la fatica di una vita all'addiaccio. Lo fanno perché se andassero altrove, forse non tornerebbero più. Ed è francamente commovente questa testimonianza, alla faccia di chi diceva che i giovani erano dei bamboccioni. E commovente è anche la storia di Fabio e Lina, titolari di una panetteria, l'Albero del pane di Visso, che hanno attivato un secondo laboratorio, la Pasticceria Vissana, per sfamare i volontari e la gente che rimane. Si alzano alle 4,30 ogni mattina, dalla località dove sono sfollati e raggiungono il paese, per mettersi a disposizione. Anche loro sono giovani e sereni e quando Luigi è andato a trovarli, sotto la neve, erano già lì a distribuire cornetti e pane. È il segno evidente di una speranza, ma anche di una tenacia, se si pensa che se non avessero preso questa iniziativa, non ci sarebbe quel simbolo di positività e normalità: il pane. Le tivù raccontano queste storie e anche noi lo facciamo, per tenere desta un'attenzione e perché siano mobilitate tutte le coscienze. Anche quelle di una burocrazia che non aveva messo in conto il freddo, la neve, l'emergenza nell'emergenza. Sembra scontato tutto questo, ma se uno non ha voce è più comodo dimenticarlo.