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Tatuaggi, bruttura di cui pentirsi? Non tranciamo giudizi sugli altri

Andrea Lavazza martedì 5 dicembre 2023
Caro Avvenire, un tempo le persone tatuate erano in maggioranza carcerati che venivano etichettati e riconosciuti come ex galeotti. Mi sono sempre chiesto: perché sfregiare il corpo umano così bello ed armonioso? Ritengo che l'attuale moda sia brutta e distrugga una delle cose perfette create da Dio: il corpo umano. Sicuramente negli anni a venire molte di queste persone si pentiranno o si stancheranno. Vittorio Romano Catania Caro Romano, sono sicuro che in tanti hanno provato a immaginare l’effetto che faranno anziani tatuati su tutto il corpo, per di più con motivi e frasi giovanilistiche. Devo però dirle che l’implicito giudizio negativo, a una più attenta considerazione, rappresenta una doppia forma di discriminazione. La prima riguarda il modo stereotipato di guardare a chi ha superato, diciamo, i 70 anni: perché dovrebbe essere necessariamente sobrio, castigato, nostalgico del passato e persino un po’ depresso nell’abbigliamento, negli svaghi e nel carattere? Il passare degli anni va vissuto con responsabilità ma senza imposizioni esterne cui adeguarsi, pena il “passare per strani” e insofferenti alle corrette convenzioni. La seconda discriminazione riguarda la manipolazione del nostro corpo, che ha assunto le più varie modalità e fogge nel corso della storia e in società diverse. Non ce n’è evidentemente una “giusta” e più raccomandabile di altre, se non all’interno di culture monolitiche e intolleranti. Il divieto alle donne di esporre i capelli che è all’origine della drammatica lotta per la libertà delle iraniane sta dentro questa prospettiva. A me la pigmentazione artificiale della pelle non piace, ma forse tra 40 anni avremo giovani medici tatuati che visiteranno maturi pazienti altrettanto tatuati senza che nessuno si ponga il problema. E anche le divergenze di giudizio estetico si appianeranno. D’altra parte, gli esseri umani sanno trovare sempre nuovi modi per imporre distinzioni e barriere di classe. Se hanno scontato la loro pena, non c’è motivo di rendere riconoscibili gli ex carcerati. Oggi non sono più individuati da un’ancora sul bicipite, ma saranno magari etichettabili con le tracce digitali delle loro vicende. Resta il tema del rispetto del corpo, che condivido con lei, caro Romano. Sono certamente sfregi a esso certi comportamenti violenti cui lo addestriamo o certe sostanze d’abuso che assumiamo. Per qualcuno in brevi momenti è davvero leggiadro e armonioso. Molti non hanno questa fortuna o non riescono comunque a essere sereni con il proprio aspetto. Accettare le imperfezioni e l’avanzare dell’età è un esercizio di crescita interiore, ma provare a sentirsi a proprio agio e più “belli” è quello che motiva da sempre lo “scolpirsi” dell’essere umano, anche a prezzo di sofferenza. E oggi, grazie alla medicina e alla tecnologia, si sono estese possibilità e portata degli interventi. Il confine tra modificazioni e stravolgimenti è sottile. Troppi tatuaggi stanno sul secondo versante? © riproduzione riservata