Takouba, nel Sahel l'Europa arma e si arma
Minusma, la presenza di accordi bilaterali di addestramento e formazione militare, il G5 Sahel, altre migliaia di militari, ecco il prossimo arrivo della forza europea battezzata Takouba. Secondo la ministra Parly i risultati delle operazioni sono assai incoraggianti in particolare nelle zone delle “tre frontiere”, Burkina, Mali e Niger. Proprio in questa regione, si registrano gli abusi più consistenti nei confronti dei civili. Alcuni di questi sono stati discussi giorni fa dalla Commisssione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite che ha invitato i militari a terminare le violenze e i massacri sulle popolazioni locali. Secondo la ministra della Difesa, estoni e svedesi sono già della partita, e i cechi hanno dato il loro accordo di principio, mentre altri Paesi manifestano interesse per unirsi alla forza europea Takouba. Un primo contingente dovrebbe essere operativo prima della fine dell’estate e comprenderà un centinaio di militari presi dalle forze speciali. L’Unione Europea esprime la sua inquietudine sulla possibile estensione della crisi ad altri Paesi vicini e a quelli della Costa guineana, sull’Atlantico. E promette altri 194 milioni di euro per le forze di sicurezza. Non si capisce dunque perché si dovrebbe far cessare una guerra che arricchisce molti e che soprattutto conferma che solo con la guerra si potrà generare la pace. Creare guerre per vendere armi e usarle per creare ancora guerre è storia troppo conosciuta per stupirsene e per meravigliarsi che certi conflitti armati siano perenni. Senza dimenticare che la corruzione prospera sempre laddove circolano somme cospicue di denaro. Il Niger, ad esempio, ha investito miliardi di franchi per la sua difesa ed è di queste settimane l’inchiesta per chiarire nomi e mandanti di supposti misfatti. Le prime stime, filtrate dal Rapporto, parlano di circa 116 milioni di euro che mancano all’appello. Chi di spada ferisce di spada perisce, così sta scritto. Niamey, giugno 2020