Sviluppo sostenibile anche sulla Carta
L'art. 41 è quello in cui la Carta sancisce che «l'iniziativa economica privata è libera» e al secondo comma precisa che essa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Il testo della riforma aggiunge: «alla salute, all'ambiente». Il terzo comma afferma che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». La riforma aggiunge: «e ambientali». Lo snodo principale, però, è nell'intervento sull'art. 9. Al testo costituzionale vigente viene aggiunto un nuovo comma in cui si dice che la Repubblica «tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Colpisce l'assenza di un principio-chiave, quello dello "sviluppo sostenibile", che pure è il cardine dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite – sottoscritta anche dal nostro Paese – e viene solennemente citato nei trattati dell'Unione Europea. Non a caso sia l'attuale premier sia il suo predecessore ne hanno caldeggiato l'inserimento nella Costituzione, anche sulla scorta di una pluriennale mobilitazione della società civile. Sarebbe davvero singolare se nel momento in cui si mette mano addirittura alla modifica di uno dei "principi fondamentali" della Carta – si tratta della prima volta nella storia della Repubblica – la formulazione non fosse univoca e completa, nonché sintonica con gli impegni internazionali dell'Italia. Meno male che c'è chi già pone il problema: un chiarimento nel corso del dibattito in Aula appare quantomai utile e finanche doveroso.