L'euro forte soffia sulle esportazioni agroalimentari Usa. Non è un paradosso: la debolezza del dollaro nei confronti della moneta europea favorisce la vendita di prodotti americani in Europa, mentre ostacola quella di prodotti europei oltreoceano. Una situazione che, ovviamente, vale anche per l'agroalimentare. Si tratta di una condizione che non sembra momentanea e che deve far pensare.
L'andamento della moneta, unito ad altre cause economiche e politiche, sta cambiando i contorni delle nostre esportazioni. Tanto che c'è chi - come in Italia il presidente di Confagricoltura - afferma che il rafforzamento dell'euro comporti una deliberata "scelta finalizzata allo sviluppo dell'economia e dell'agricoltura americana". A scapito, ovviamente, di quella europea. Se sia vero o meno è difficile dirlo. Intanto, è indubbio che le importazioni di prodotti agroalimentari sono cresciute, e non solo dagli Stati Uniti. Secondo alcuni dati della Cia, negli ultimi mesi gli acquisti di pomodori cinesi sono aumentati del 25%, quelli di formaggi del 12 e quelli di salumi del 15%. Ma i più colpiti sarebbero i nostri prodotti tipici che in questo frangente stanno perdendo, seppur in maniera lieve, quote di mercato in quei paesi in cui la moneta europea si è rivalutata. Intanto, a fine anno l'export agro-alimentare statunitense supererà i 56 miliardi di dollari, non molto al di sotto del tetto storico di 60 miliardi toccato nel 1996. Merito dell'euro forte ma non solo. Sempre Confagricoltura, per esempio, punta il dito su una politica Usa votata ad aiutare con tagli fiscali, aumento della spesa pubblica e svalutazione dei cambi le esportazioni dei farmers. Il risultato? I redditi agricoli Usa sono arrivati a 65 miliardi di dollari: il 33% in più rispetto ad un anno fa. "Grazie alla legislazione agricola in vigore - denuncia ancora Confagricoltura - i 2 milioni di agricoltori americani hanno ricevuto quest'anno pagamenti pubblici nell'ordine di 20 miliardi di dollari".
Insomma, per l'agricoltura Usa questi sono stati mesi di vacche grasse. Non così, invece, è accaduto per gli agricoltori del Vecchio Continente. Stretti da una politica agricola che ha cambiato rotta e che dovrà fare i conti con i nuovi soci dell'Unione europea, assillati da un clima che non ha concesso tregua, spaventati da una concorrenza internazionale sempre più vicina al cancello della propria azienda, i nostri imprenditori agricoli si trovano davanti all'unica scelta da fare: rendere più competitive le loro imprese. Cosa non facile, non breve e non immune da costi e da sacrifici. Cosa che, d'altra parte, a molti è già riuscita. Ma non a tutti. Il tempo e i costi che ancora dovranno essere sostenuti saranno probabilmente gli elementi che indicheranno i vincitori di questa partita.