Sulle orme (liquide) di George Weah
GeorgeTawlon Manneh Oppong Ousman Weah nel 1995 vinse il Pallone d'oro, il premio FIFA “Giocatore del mondo” e quello come Miglior calciatore africano dell'anno. William sa che il suo presidente, eletto nel 2018, ha, tra l'altro, giocato nel Milan realizzando 58 reti. Ha vissuto parte delle sua giovinezza nella baraccopoli di West Point a Monrovia, una quasi-isola che vive di pesca e di rivendita durante il giorno di quanto è stato rubato in città nella notte. William ha tentato per sette volte di prendere il mare in Libia, pagando dai 200 ai 300 dollari per ogni tentativo. A pochi minuti di distanza dalla riva è sempre stato arrestato dalla guardia costiera libica e riportato sulla terra ferma per una lezione correttiva sulla libertà che il nome del suo Paese d'origine gli ricorda sempre. Altri non sono stati altrettanto fortunati come lui e dall'inizio di quest'anno, sono stati 800 i giocatori col destino che hanno perso la vita e raggiunto “l'isola delle speranze rubate”. Proprio come a Melilla, l'enclave spagnola in territorio marocchino, dove almeno 27 altri “attaccanti” come lui sono stati calpestati.
George Weah ha naturalmente deluso i giovani come William che a lui si sono ispirati. Nella campagna presidenziale aveva promesso di lottare contro l'endemica corruzione, di offrire la scuola gratuita a tutti e di risanare la bidonville nella quale è cresciuto. Nessuna di queste promesse è stata mantenuta perché la politica e il calcio hanno terreni di gioco differenti. Così come tra mare e deserto c'è differenza. E di questo William, che ha conosciuto entrambi, si è reso conto l'altro giorno. Nel deserto dove era passato un paio di giorni prima, al confine con la Libia, hanno scoperto i corpi di dieci migranti in una fossa comune. William, che aveva seguito le orme del suo Capitano, tornerà in Liberia. Dopo aver tentato per sette volte di attraversare il mare, spera finalmente di trovare un posto da titolare nel campionato della vita.
Niamey, 3 luglio 2022