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Sull’Etna meno vino: privilegiata la qualità

Andrea Zaghi domenica 30 giugno 2024
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rodurre il giusto. Senza esagerare. E facendo più attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità. Strategia che premia, e che vale anche per l’agricoltura. Lo hanno capito bene i vitivinicoltori siciliani dell’Etna che hanno deciso di limitare i nuovi impianti indicando così una precisa strategia di mercato. Certo, non si tratta di una scelta isolata, anzi. Il “controllo” degli ettari dedicati ai nuovi impianti è pratica sancita dalle leggi ed ha un obiettivo preciso: non inflazionare il mercato con una quantità eccessiva di prodotto (ogni anno se ne occupa con decreto il ministero dell’Agricoltura). La scelta dei siciliani, tuttavia, è da valorizzare per aver sottolineato con chiarezza le motivazioni e per come è stata adottata.
A decidere è stata una partecipata assemblea dei produttori associati al Consorzio Tutela Vini Etna Doc che, qualche giorno fa, ha stabilito all’unanimità, «il rinnovo della strategia di gestione contingentata dell’iscrizione dei nuovi vigneti ad Etna Doc» per contenere la produzione «a sostegno della crescita qualitativa e del posizionamento della denominazione».
Detto in altri termini, è stato deciso che per il prossimo triennio (dal 1° agosto 2024 al 31 luglio 2027) i nuovi impianti di viti iscrivibili alla Doc potranno arrivare ad un massimo di 50 ettari all’anno. Non deve essere stata una scelta facile, visto che il tema viene definito dallo stesso Consorzio come «divisivo». Ma è stata certamente una scelta saggia e consapevole, visto che l’aumento controllato delle superfici è sempre di più una condizione necessaria per una crescita ragionata delle produzioni di vini di qualità. Importante anche le modalità di distribuzione degli ettari a disposizione. Ogni azienda potrà infatti chiedere l’idoneità al Consorzio per un massimo di un ettaro all’anno e, qualora le richieste superassero il tetto annuale, la superficie autorizzata alle singole aziende sarà ridotta proporzionalmente. Prima denominazione ad essere istituita in Sicilia nel 1968, l’Etna doc conta su un vigneto di 1.500 ettari, il 90% dei quali riuniti nel consorzio che rappresenta 220 aziende per una produzione media annua di 6 milioni di bottiglie, di cui il 60% viene esportata (anche negli Usa e in Canada). Ciò che conta, è però il contributo che questo vino dà al territorio che vale fino a 10 volte il valore del prodotto (franco cantina): ogni bottiglia prodotta e consumata in loco è infatti capace di generare un impatto (diretto, indiretto e indotto) sul territorio quantificabile in 82 euro. Vino saggio, dunque, quello dell’Etna. E, come molti altri in Italia, vino prezioso. © riproduzione riservata