Nella storia ritornano periodicamente i falò alimentati da libri dichiarati proibiti. Sono roghi vani. I libri non si lasciano distruggere dal fuoco né dalle censure. Se negati dalle autorità entrano in clandestinità, si nascondono, si travestono da innocui. In tempo di oppressione i libri aumentano di valore, aggiungono volontà di resistenza, consolidano i lettori. In ogni cranio penetrano parole nuove che proteggono dal contagio della propaganda. I libri forniscono spirito di contraddizione alle versioni ufficiali dell’autorità. Un caso del tutto diverso è successo nella rivolta delle città francesi per l’uccisione di un giovane da parte di un agente di polizia. È stata bruciata una biblioteca comunale. In una notte di scontri e di fuochi la collera l’ha accomunata ad altri edifici di potere. È un malcapitato equivoco. Ogni rivolta ha bisogno di attingere a libri per fondare se stessa. Ha bisogno di richiamarsi a esempi precedenti, riprendere le parole d’ordine, altrimenti arde come un carro di paglia. Una biblioteca è l’arsenale di ogni voce in lotta, che trae forza dai libri, oppure grida a vuoto. La cenere della biblioteca comunale disarma chi l’ha voluta in fiamme.
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