Le Sturmtruppen non fanno più ridere come ai tempi delle strisce di Bonvi. Al contrario, secondo standard teutonico, adesso fanno paura, mentre avanzano con quel passo che risuona nelle nostre menti con accompagnamento di sinfonia wagneriana. Il modulo? Giocar sostenuto e maestoso, allegro con brio, andante ma non troppo e, per finire, allegro e molto vivace. Il manoscritto dell'opera è conservato a Magonza, dove Jurgen Klopp ha applicato sul campo le prime idee calcistiche, maturandole successivamente a Dortmund e opponendole, oggi, a quelle di Jupp Heynckes, il tecnico del Bayern liquidato a un passo dal traguardo da Hoeness, Beckenbauer e Rummenigge per affidarsi al titique-titaque di Guardiola. Forse sono già pentiti. Per la spesa, magari, più che per l'azzardo tattico. Fan paura solo perché prepotenti vincitori della penultima ora, i nostri amatissimi perdenti, fonte perenne di glorie azzurre? Forse perché Bayern e Borussia hanno affondato le corazzate Barcellona e Real a suon di gol, 4-0 e 4-1, ipotecando la finalissima della Champions? No. Secondo italico costume, da due pur clamorosi tonfi e trionfi abbiamo ricavato un Impero e adesso, archiviato sollecitamente il mito ispiratore spagnolo, siamo pronti - per provincialismo e disfattismo - a predicare nelle nostre contrade, sui giornali e in tivù, il nuovo calcio dei forti, con annesso Sturm-und-Drang, come usava ai miei tempi, mille anni fa, prima di Italia-Germania quattrattré. Dapprincipio era stato il Bayern, castigatore di una Juve tremebonda formato Giovinco, a ispirare il new deal della critica, come se non fosse palese l'indebolimento mentale e strutturale del Barca privo del vero Messi, dimostrazione pratica del potere di un uomo-squadra capace di trasformare in gol le noiosissime trame degli azulgrana e di umiliare un provincialissimo Milan. Poi è arrivato il Borussia, accusato di aver affondato il Malaga (oh spente danze di Spagna, flamengo fandango e sarabanda, rattristate da dolenti note di fado ritrovate nelle amare confessioni di José Mourinho da Setubal) ricorrendo a favori arbitrali: l'hanno detto anche l'altra sera dopo Dortmund, gli spagnoli senza pudore, e così dell'arbitro di Monaco; e adesso che i gialloneri hanno bissato l'impresa del Bayern bisogna per forza inventarsi una Scuola Tedesca, un Modulo Nuovo, e sia la Germania la Mecca del pallone. La critica ha spesso bisogno di volare e meglio se le si offre la fantasia del Barone di Munchhausen, l'imaginifico guerriero tedesco che volò verso la luna seduto su una palla di cannone. Palla era, palla è. Ma Jupp Heynckes e Jurgen Klopp non hanno inventato niente, hanno rispolverato il bel calcio teutonico di sempre, fisico e aggressivo, maestoso ed eroico, padre di strepitosi torjager (bomber) come il tozzo ariete Gerd Muller, l'apollineo Thomas Muller, Mario Gòmez dal volto di Giacinto e questo Lewandowski che il Napoli non volle, polacco come Klose ma rimasto fedele alle sue origini. Ma aspettiamo il ritorno senza scatenare anticipatamente la cavalcata delle Valchirie: noi sappiamo - per averlo battuto, Davide contro Golia - che talvolta il colosso teutonico mostra piedi d'argilla. Attenti alle remuntade.