Alla fine del Novecento, con il lento declino del prestigio sia culturale che terapeutico della psicanalisi, fondata sulla nozione di inconscio, è cresciuto l’interesse scientifico per il cervello, la mente e la coscienza. Con il termine di “cognitivismo” ha preso forma una tendenza della psicologia sperimentale orientata non sulla psiche quanto invece sui processi cognitivi. Il pensiero, la memoria, il linguaggio, l’attenzione, la percezione e la coscienza sono allora divenuti gli ambiti centrali a cui si è rivolta la ricerca. Alle emozioni e all’inconscio si è quindi affiancata o contrapposta la conoscenza e il rapporto fra mente e realtà. Ma più in generale, al di qua o al di là della ricerca scientifica, la cosa che sorprende maggiormente è che la psicologia cognitiva abbia studiato il flusso e l’elaborazione delle informazioni senza curarsi molto di salute mentale, di buon funzionamento e buon uso della mente. Dalla scienza, che è diventata l’idolo centrale della cultura moderna, si potrebbe e dovrebbe arrivare alla filosofia morale. La scienza studia e teorizza, ma non si occupa di bene e male, reale e irreale, errore e verità. La nostra attuale cultura non sembra più interessata a “che cosa fare del nostro cervello”, a come sviluppare coscienza e attenzione migliorando la qualità delle percezioni e la capacità empatica di immedesimazione e interpretazione. Una società, una civiltà, una cultura sono caratterizzate proprio dal comune e più diffuso stato mentale degli individui. Quando scrisse Democrazia e educazione, nel 1916, il filosofo pragmatista americano John Dewey sosteneva che una buona vita sociale ha bisogno di individui che siano educati a volerla: cioè sappiano soprattutto come volerla. E questo è un problema pedagogico e autopedagogico, di auto-orientamento e autocorrezione da parte di ognuno. Per secoli e millenni le élite e le guide culturali hanno dato grande importanza agli “esercizi spirituali” necessari per la formazione del carattere. Purtroppo oggi perfino nella scuola e in famiglia si trascurano le regole elementari per sviluppare memoria, volontà, attenzione, immaginazione e comprensione degli altri. La prima regola, comunque, è evitare che i nostri cervelli siano invasi e riempiti da spazzatura pseudoculturale, contro la preoccupante manipolazione mediatica della mente umana.
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