Storia d'un atleta 105enne e di ciò che il mondo sta capendo
Una settimana fa, a 105 anni, un mese e nove giorni, si è messo un'attillatissima maglia gialla con le maniche viola, un caschetto viola per fare pendant, e si è presentato al velodromo di Saint Quentin-en-Yvelines, nell' Île-de-France, a est di Versailles. Ha pedalato, in un'ora, per 22.547 metri. «Avrei potuto fare meglio – ha detto – se solo avessi visto bene il segnale degli ultimi dieci minuti sarei andato più forte». «Avrebbe potuto far meglio – ha detto la sua dottoressa – se solo non si fosse messo in testa qualche mese fa di rinunciare ad alimentarsi di carne, colpito da un documentario che raccontava dei maltrattamenti agli animali d'allevamento».
In ogni caso, ha siglato il record dell'ora di una categoria, gli over 105, di cui è l'unico atleta a far parte. È la seconda volta che il Francese, spostando avanti le lancette della longevità sportiva, costringe l'Uci a creare una nuova categoria, tutta per lui. Robert Marchand è senz'altro un caso eccezionale, ma ci invita a riflettere su un nuovo modo di intendere lo sport del futuro.
Nel 2013 la città di Torino organizzò, fra più di un sorriso ironico, i World Master Games, una sorta di Giochi Olimpici dedicati agli over 35. Arrivarono 20mila atleti (dai 35 ai 90 anni) letteralmente da tutto il mondo, con un grande successo anche in termini di consistenti ricadute economiche per il territorio. Non solo, quella fu la testimonianza lampante della voglia delle persone di cimentarsi ancora, in tornei impegnativi e internazionali, ben oltre l'età ritenuta abile alle competizioni per "atleti" nel senso convenzionale del termine. Il nocciolo della questione, peraltro intuitivo, è che in considerazione dell'allungamento dell'aspettativa di vita e di un periodo molto più lungo di buona salute e di potenziale forma fisica, sarà sempre più frequente vedere settantenni baldanzosamente con la racchetta in mano, ottantenni fare jogging, novantenni collezionare vasche in piscina e centenni conquistare record.
L'hanno capito le grandi multinazionali dell'abbigliamento sportivo che ammiccano al mondo master annusando un gigantesco mercato in continua espansione. L'ha capito Pedro Pablo Kuczinski, settantottenne presidente del Perù, che nell'agosto scorso ha portato tutti i suoi ministri a fare ginnastica sul piazzale davanti al Palazzo del Governo di Lima. L'ha capito Enrique Peñalosa Londoño, sessantatreenne sindaco di Bogotà, capitale della Colombia che conta otto milioni di abitanti, che ogni domenica e giorno festivo chiude al traffico oltre 110 km di strade urbane destinandole così a uso esclusivo di ciclisti, joggers e pedoni.
Speriamo lo capisca presto anche il Governo del nostro Paese, intuendo come l'incentivo alla diffusione di una buona cultura del movimento per giovani, adulti e (verrebbe da dire soprattutto) anziani, rappresenti un investimento sulla salute, sulla qualità della vita, sulla socializzazione, sull'inclusione, insomma sul benessere del Paese intero.
Insegnare "cultura del movimento" molto spesso non comporta spese. Servono forse costosi impianti per camminare, correre, pedalare, nuotare attraverso le meraviglie artistiche delle nostre città, delle nostre montagne, colline, pianure, spiagge, laghi, mari? No, e farlo restituisce un valore, misurabile, in termini di milioni di euro risparmiati al Servizio sanitario nazionale e un valore, tanto immateriale quanto prezioso, in termini d'immersione nella bellezza del nostro territorio con un conseguente miglioramento del gradiente di rispetto, affetto, tutela e difesa dello stesso.
Il governo Gentiloni ha, di nuovo e finalmente, un ministro dello Sport. L'augurio è che Luca Lotti possa dedicarsi, anche grazie all'eccellente lavoro del Coni sullo sport di prestazione, alla promozione dello sport come strumento di cultura e di benessere. Il bellissimo effetto collaterale, ne siamo certi, sarà quello di un Paese più sano, che spenderà di meno per difendere il diritto alla salute e (anche) con più medaglie olimpiche.