Kabul, addio. Partono i soldati, e con loro se ne vanno i sogni di pace e democrazia. Non c'è un solo quotidiano italiano che saluti con ottimismo la fine della "guerra infinita" in Afghanistan, che termina per la Nato; ma per gli afghani? «Via dalla guerra dei vent'anni» titola "Repubblica" (15/4) limitandosi alla cronaca. Il titolo della "Stampa" (15/4) si fa commento: «Afghani abbandonati alla follia talebana» e le parole di Domenico Quirico sono amare come fiele: «Il guerriero se ne va, sconfitto, umiliato dai ciabattanti ma implacabili mujaheddin talebani. Fine delle caramelle, degli aquiloni, del progresso sotto i cieli meravigliosi e crudeli di Kabul, della eguaglianza delle donne, del suffragio universale, della volontà dei più (...). La sconfitta in Afghanistan riassume i difetti dell'Occidente». Non semplice ritiro, dunque, ma sconfitta, come sottolinea anche Giuliano Battiston sul "Manifesto" (15/4): «Il risultato, Biden non lo dice, è la sconfitta degli Stati Uniti. La vittoria dei talebani». È un autentico coro mesto, da brividi: «Sarà peggio di Saigon – scrive Andrea Nicastro sul "Corriere" (15/4). – Quando gli americani e, prima, gli altri contingenti Nato se ne andranno dall'Afghanistan, civili e militari che hanno lavorato con gli occidentali saranno esposti alla vendetta integralista».
Le più esposte saranno le donne. Ne è convinta anche Gaia Cesare ("Giornale", 15/4), che dedica loro un lungo approfondimento con le testimonianze di alcune studentesse: «"Con il ritorno dei talebani per noi è finita". È l'incubo dello stop alla scuola per le donne a cui pensano con insistenza e preoccupazione le afghane». Ma non solo, perché «ci sono donne soldato, ministre, governatrici, poliziotte, giudici, oltre che parlamentari». Per tutti, cresce «La paura di un popolo che inseguiva un sogno» (Alberto Cairo, "Repubblica", 15/4). Pagine meste, fino alla stoccata definitiva di Quirico: «In Afghanistan gli occidentali non volevano far del bene agli afghani, ma a se stessi».