Correva l'anno 2006. Evidentemente ce n'era, di gente, da mettere in guardia da certi comportamenti. E una canzone, intitolata "Status symbol", gridava così: «Te ne stai seduto fermo, in religiosa attesa, chiuso ad aspettare qualche cosa… Il telefono non squilla più da un quarto d'ora, senti il fiato che manca: non sia mai!, che il venerdì non si rimorchi una… Te ne stai con le tue mani bianche e ciondolanti in mezzo a corpi annoiati e stanchi: cerchi la tua dimensione in una riga bianca, e quella, guai!, se ti manca… Con gli amici più fidati sputi sul sistema, alzi gli occhi e tutto ti fa pena: è finita la benzina che ti sosteneva, il solito problema… Sei convinto di distinguerti, ma sei fatto per il mucchio! Sei convinto di distinguerti, ma sei l'imperatore del tuo specchio! La ruga in faccia è il tuo spauracchio, ti senti un vuoto lì in mezzo al petto, e non c'è sballo che può guarire… Ti guardi: è tutto al posto giusto, ma senti un vuoto dentro te stesso… E non c'è sballo che può guarire: no, non c'è sballo che può guarire…». Siamo arrivati a questo nostro oggi: corre l'anno 2019. E purtroppo sembra proprio che quella canzone, una canzone dei Nomadi, abbia ancora motivo di gridare a qualcuno di scuotersi e di fare attenzione alla strada che ha scelto.