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Spionaggio, se la tecnologia utile diventa un’arma a doppio taglio

Andrea Lavazza martedì 29 ottobre 2024
Caro Avvenire, scrivo per spiegare come si è arrivati a casi di dossieraggio di cui si parla in queste ore. Mi limito al mio settore, la riscossione coattiva. Le regole e le leggi ci sono, ma vengono costantemente violate. Nella riscossione pubblica (erario ed Enti locali) abbiamo a disposizione varie banche dati. Dovevano accedervi solo operatori autorizzati, dopo almeno due anni di assunzione con concorso pubblico. Poi, poco per volta, si è messa di mezzo la politica, il concorso è stato eliminato e sostituito da selezioni interne, oscure a mio parere, tanto che ora dentro c’è di tutto: ex portaborse, ex dirigenti di società pubbliche/private fallite... Personale fedele a logiche partitiche di basso rango. Stefano Masino Ufficiale di riscossione, Asti Caro Masino, la sua lettera è illuminante sui rischi connessi alla centralizzazione dei dati in formato digitale. Come ha già ben spiegato Danilo Paolini nel commento pubblicato domenica, è certamente un problema di ceto burocratico e classe dirigente. Ma dobbiamo anche porci la questione di un bilanciamento tra efficienza dei servizi e protezione della privacy. Gli istituti di credito funzionavano anche quando le informazioni sul conto corrente erano conservate solo nella filiale relativa. Certo, era assai più scomodo e costava molto più tempo svolgere le operazioni finanziarie, non sarebbe però potuto accadere quello che è avvenuto con un funzionario di Intesa Sanpaolo il quale, da Bitonto, avrebbe compiuto accessi abusivi ai dati dei depositi e delle carte di credito di 3.572 clienti in 679 agenzie sparse per l’Italia. Lo stesso vale per quello che riguarda il Fisco o il casellario giudiziario. Se mettiamo tutto insieme con un’unica porta di ingresso, per quanto sia “corazzata” elettronicamente, il danno legato a una consultazione abusiva diventa esponenzialmente più alto. Compartimentare o legare l’entrata a una catena di autorizzazioni comprendente più persone rende meno spedito l’utilizzo, eppure è forse una soluzione da considerare quando non possiamo fare affidamento preventivo sulla generale correttezza del personale che lavora su questi database. Lo spionaggio non è una novità portata dall’intelligenza artificiale, né il ricatto è un’invenzione dovuta alla tecnologia. Cambiano i mezzi per agire, ma il denaro e il potere sono moventi universali che alimentano da sempre comportamenti immorali e illegali. Oggi dobbiamo però considerare se l’evoluzione degli strumenti pensati per renderci la vita più facile sia anche un’arma a doppio taglio che offre ai malintenzionati possibilità inedite e di portata molto maggiore rispetto al passato. Qualcuno, in queste circostanze, afferma che chi non ha scheletri nell’armadio nulla dovrebbe temere a causa di eventuali fughe di notizie. In linea di principio, ciò può essere vero, ma non si capisce perché allora ci preoccupiamo tanto, a tutti i livelli, della protezione della privacy. Il motivo è presto detto: la privacy è un concetto che riguarda la non interferenza degli altri in alcuni aspetti e ambiti fondamentali della nostra esistenza. Abbiamo il dovere, almeno etico, di essere buoni cittadini. Tuttavia, nessuno ha il diritto di spiarci laddove vogliamo non essere visti, e c’è consenso diffuso che dalla salute alle relazioni private ci siano informazioni e dati che devono restare confinati in cerchie ristrette al di là di colui che ne è il soggetto (per esempio, i medici, i sacerdoti, gli avvocati). I casi recenti sono emersi grazie alle forze dell’ordine e alla magistratura, che svolgono una decisiva opera di tutela della legalità. Ugualmente, l’affiorare degli scandali, anche se quelle “centrali” di dossieraggio a pagamento sono ora disattivate, deve allarmarci, e indurre le istituzioni pubbliche e le aziende a correre ai ripari su vari versanti. Compreso quello che lei, caro Masino, indica circa la qualità e la correttezza di coloro che hanno la possibilità, per la loro delicata funzione professionale, di sbirciare dentro la vita di noi individui privati o dentro la vita dei nostri rappresentanti. © riproduzione riservata