Dopo gli orologi ora tocca a occhiali, anelli, spillette. Così, quel mondo digitale dal quale sempre più spesso vorremmo prendere una pausa di fatto sarà ancora più connesso a noi, attraverso oggetti diversi. In realtà non è la prima volta che l’industria prova ad andare in questa direzione. Già dieci anni fa Google aveva realizzato degli occhiali dotati di realtà aumentata. Indossandoli era possibile visualizzare informazioni aggiuntive a ciò che si vedeva, comandandone le funzioni con la voce. L’idea c’era, ma era ancora troppo presto. Oggi in circolazione ci sono diversi smart glasses. Il loro prezzo va dai 100 ai 400 euro, a seconda delle funzioni e della qualità. Ma già i modelli più economici permettono, indossandoli, di ascoltare musica e parlare al telefono. Mentre quelli più costosi aggiungono anche la proiezione sulle lenti di una serie di informazioni in formato video. In questo modo diventano una sorta di pc indossabili. C’è poi una terza via, ed è quella adottata da Meta e Ray-Ban. Occhiali smart che permettono di ascoltare musica, telefonare, ma anche di fare riprese video pur non avendo un monitor di controllo sulle lenti.
Anche gli smart rings, cioè gli anelli intelligenti, hanno avuto alterne fortune. Nel 2020, per esempio, sembrava che l’Oura Ring fosse ovunque. L’Nba annunciò di averne comprati duemila per monitorare la salute dei campioni di basket, il principe Harry lo adorava e celebrità come Jennifer Aniston e Kim Kardashian West lo sfoggiavano come fosse di diamanti. Eppure non faceva niente di più che misurare la qualità del sonno e il battito cardiaco. Oggi ce ne sono in circolazione decine e decine, con funzioni leggermente diverse. Ma la maggior parte dei modelli fa le stesse cose: misura la temperatura corporea, la qualità del sonno, i passi che facciamo, l’ossigeno nel sangue. Esattamente come fanno gli smartwatch. Eppure è un oggetto che sembra piacere sempre di più soprattutto al pubblico femminile. Al punto che per la stampa americana il 2024 potrebbe essere proprio l’anno degli anelli intelligenti. A crederci ci sono in prima fila colossi come Samsung, che ha appena presentato un suo modello, e Apple che sta lavorando a una sua versione.
Una delle scommesse più forti che guarda al futuro è quella delle spillette dotate di intelligenza artificiale, le cosiddette Ai pins. Sono oggetti, grandi pochi centimetri, che si puntano al petto e che si propongono come una vera e propria alternativa allo smartphone. Possono scattare foto e girare video, leggere e riassumere le e-mail e rispondere ai messaggi in base ai comandi vocali dell’utente. Le spillette dotate di intelligenza artificiale possono anche fare ricerche sul web e fornire risposte a domande formulate con la voce. Però non hanno lo schermo. Al massimo sono dotate di un micro-proiettore laser che può mostrare una quantità limitata di informazioni sul palmo della mano dell’utente. Difficile dire se e quale di questi oggetti prenderà davvero piede nelle nostre vite, ma fa effetto pensare che quello che vedremo dietro le nostre lenti sarà un continuo alternarsi di immagini del mondo reale e contenuti digitali. E che i nostri occhiali e le nostre spillette moltiplicheranno le telecamere accese sul mondo. Col risultato che i nostri sguardi saranno alimentati da un mix di reale e digitale, con potenzialità che potrebbero essere affascinanti ed entusiasmanti come preoccupanti e alienanti. Una cosa appare già certa: sarà sempre più difficile riuscire a staccarci dal digitale. E ai genitori non basterà più dire ai propri figli «metti via il cellulare» per cercare di riportarli alla realtà. Per farlo dovremo spogliarci di tutti gli oggetti digitali che sempre di più avremo addosso.
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