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Sperimentale o classica, la poesia va contro la noia

Alfonso Berardinelli venerdì 3 novembre 2023
La gente e altre seccature: è questo il titolo, diciamo pure poco poetico, del più famoso libro di poesia dell'americana Judith Viorst, appena uscito da Einaudi. Il modo di procedere, cioè di comporre, dell'autrice è coerente con il titolo e in effetti colpisce e sorprende. Ecco le prime righe (non sono versi): «Ne ho dodici a cena e il macellaio non fa consegne. Mi sono dimenticata del compleanno di mia madre e lei ora ci rimugina. I computer continuano a ricordarmi di saldare bollette che ho pagato sei mesi fa...». E via di seguito. Poesia fatta di elenchi, di appunti che riproducono pensieri, lamentele, promemoria di una vita quotidiana come tante altre. Che pensare? Anche questo è un modo di sbloccare la paralisi delle parole indotta dalla routine. Un procedimento che comunque mi sorprende e credo che sia esattamente l'effetto che l'autrice voleva provocare. Per quanto il metodo mi sembri un po' sfacciato, nella storia della poesia del Novecento queste sorprese e svolte si sono presentate più di una volta. Se posso usare una mia vecchia formula, direi che è “poesia che va verso la prosa”. Più di un secolo fa, Guido Gozzano fece poesia scrivendo novelle e ritratti in versi (in seguito lo hanno fatto anche Eliot e Benn). Giuseppe Ungaretti ha scritto invece filiformi poesie fatte di a capo e senza punteggiatura. André Breton ha inventato la surrealistica “scrittura automatica” teorizzando e praticando accostamenti verbali istintivi e preferibilmente insensati. Francis Ponge, nauseato da quella metodica anarchia, si è messo a poetare descrivendo diligentemente piccoli oggetti di uso quotidiano (il sapone, il pane, un bicchiere d'acqua). E Auden, nemico della sciatteria, restaurò invece da virtuoso la metrica classica, senza escludere le rime. Insomma: ogni volta una sorpresa tecnica, un nuovo metodo. Si può discutere sul valore dei risultati ottenuti. Eppure le sorprese tecniche in poesia possono funzionare. Si tratta di combattere e sconfiggere ogni genere di noia. La poesia è un gioco. Senza il gioco delle terzine a rima incatenata, anche il poema di Dante sarebbe difficilmente sopportabile. © riproduzione riservata