Tianjin, a sud di Pechino, sulle rive del mar meridionale, dal 1901 al 1947 è stata una concessione coloniale italiana. Nel quartiere che lo ricorda gli sposini si fanno fotografare sorridendo sullo sfondo dei palazzi veneziani. Poco più in là questa città ti spiega cos’è la Cina. Come se tutti gli architetti del ventesimo secolo si fossero dati appuntamento lungo il fiume. Immaginate un convegno di spettri: Van der Rohe, Kahn, Le Corbusier… Archi, vetro e cemento armato. Intrepidi nuotatori fendono la corrente. Il sole cala con enfasi spettacolare dietro gli anfiteatri, i ponti, le strutture metalliche. Un grande luna park che fa risorgere dalle ceneri perfino la Tour Eiffel, il cui modellino spicca in cima a una costruzione avveniristica. I cinesi citano l’Europa come noi la Grecia, ma Roma sentiva di avere radici in comune con Atene, qui ho l’impressione di una corda spezzata. Il Terzo Millennio segna la fine degli stili, come voci originali; a contare sono soprattutto i nessi, le associazioni, i rapporti. Infatti, lo spazio orientale non è prospettico, ma circolare. Cade la gerarchia dei valori, vince la febbre espressiva. Credo che la modernità si misuri nel ritmo, più che nella forma. Torno nei pressi della caserma Carlotto assaporando la nostalgia del mio Paese perduto.
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