APierrot le fou, il corsivista di un giornale di provincia che abbiamo già incontrato, è capitato un giorno di scrivere un articolo intitolato Vagabondi nel tempo. La signora Elena di Roma, racconta, ha perso e ritrovato il marito sei volte. Sgusciava via e lo riacciuffava ogni volta sulle spiagge di Fregene, su una sedia sdraio con il giornale sulle ginocchia, o concentrato a giocare con paletta e secchiello. La signora Silvia di Milano, dopo avere rincorso per cinque anni il padre fuggiasco, recidivo, è crollata e si è rivolta all'analista. Succede all'improvviso. Tutti i giorni arrivano in questura telefonate di famiglie che hanno perso un parente. Fra gli evasi dalle mura domestiche sono numerosi i malati di Alzheimer. Perdono contatto con il presente, dimenticano il passato prossimo, la loro memoria trattiene solo le immagini di un passato lontano. Spaesati in un oggi irriconoscibile, se ne allontanano. Vagabondano nel tempo. Salvatore, di ottant'anni, ad esempio è stato ritrovato davanti al portone chiuso della casa dei genitori, morti da decenni. Nel mio studio, racconta Pierrot le fou, è appesa la fotografia di un vecchio che cammina di spalle nella bruma autunnale di un boulevard parigino. «La guardo spesso e sono preso da non so quale malinconia struggente. Lo vedo di spalle allontanarsi, e scomparire a lungo, senza più voltarsi».