Mi scrive Alberto da Belluno: «È un periodo paradossale dove c’è il dramma della morte, della sofferenza e della paura, ma anche un’intensità e una bellezza straripante, nelle giornate e nei rapporti. Spero e prego che non torni tutto come prima...». Dopo oltre un mese di lockdown comincia a farsi strada anche questo sentimento che riguarda le persone, sorprese da quell’imprevisto che evocava Montale nella poesia del “Viaggio”: «La sola speranza, anche se è una stoltezza dirselo». C’è un lato positivo dentro la faccenda del Coronavirus, che è infatti il cambiamento dello sguardo che riguarda tutti. Soffre il mondo della ristorazione, ma si dice pronto a favorire l’accoglienza che è nel suo Dna. E fa le prove per capire come gestire le distanze, fra tavoli quadrati con un solo ospite su un lato, pronti per la data del 25 maggio che dovrebbe sancire la riapertura. Ma intanto cresce il delivery, che a Pasqua è stato un toccasana per alcuni, mentre nei condomini dove s’è riscoperta una certa solidarietà resterà aperto il progetto del distributore automatico sul pianerottolo per fare la spesa. Sperare che non torni tutto come prima, tuttavia, significa capire che l’orizzonte è il prossimo che mi sta accanto o che mi viene incontro, magari suonando alla porta perché non ha più da mangiare. Un mitico produttore di grappa piemontese, Romano Levi, scriveva sulle sue etichette che «Siamo come angeli con una sola ala». E questa immagine credo valga per l’intera umanità, sotto scacco dal medesimo nemico, ma con la speranza di ripartire grazie a una necessaria condivisione delle scoperte della scienza, che è al lavoro con decine di ricerche sul vaccino, più o meno a avanzate. Con Carlin Petrini ho condiviso l’appello per un 25 aprile nel segno della libertà e della solidarietà, indirizzato proprio agli ultimi: quelli sorpresi a dormire su una panchina, che qualche forza dell’ordine ha fermato multandoli, salvo poi scoprire che non avevano un recapito, perché in assenza di dimora. #iorestolibero è l’hashtag di questa iniziativa dedicata al 75° anniversario della Liberazione che non può più essere vissuta, come è accaduto negli ultimi anni, sotto l’onta della divisione ideologica, quanto mai insopportabile in un momento come questo. Carlin è un gastronomo nato anche lui nella mia terra, che s’è appassionato al gusto senza però dimenticare che questo dono ha un orizzonte ben diverso dall’edonismo del gourmand tutto caviale e Champagne. Il gusto del pane, ma anche solo di sfamarsi quando è necessario, è di tutti, poveri e ricchi. È un diritto che possiamo far valere, solo se ci concepiamo angeli con una sola ala.