Era la competizione regina dei Giochi dell'antica Grecia, con gli atleti che si sfidavano nelle prove di stadion (corsa di velocità), salto, lancio del giavellotto, lancio del disco e lotta. Piaceva, anzi esaltava, perché era quanto di più vicino esistesse all'idea del super-atleta capace di eccellere in cinque discipline così diverse tra loro. Gli uomini moderni lo chiamarono pentathlon, riproponendolo per la prima volta ai Giochi di Stoccolma 1912, raggruppando le fatiche in una sola medaglia (e successivamente in una sola giornata per rendere ancora più dura la sfida) frutto di una competizione equestre di salto con ostacoli, una di tiro con pistola rapida, una prova di scherma, una gara di nuoto di 300 metri e una di corsa di 4 km, distanze poi corrette nelle versioni più recenti delle Olimpiadi. Ma nulla nasce per caso: i Giochi sono favola, ma anche cappa e spada, stellette e distintivo. Alle spalle c'è una spiegazione “romantica” di questa scelta, che descrive il pentathlon moderno come la trasposizione agonistica delle vicende di un ufficiale di collegamento il cui cavallo è abbattuto dai nemici, che si difende con la pistola, poi con la spada, infine si getta a nuoto nel fiume e fugge al nemico a piedi per i campi. La Svezia dominò la prova, con 6 atleti nei primi 7, tutti militari, come si addice alla disciplina. Macchiò questo record quasi perfetto uno sconosciuto sottotenente (e futuro generale) americano di 26 anni, che arrivò quinto in classifica. Il suo nome era George Smith Patton jr. Qualcuno durante la seconda Guerra Mondiale sentirà parlare di lui.