Sognare un'Italia (più) semplice
Lo stesso imprenditore, lo stesso commerciante, lo stesso artigiano non avrebbe mai immaginato di trovarsi - in molti casi - di fronte ad un bivio: riaprire o no? Non solo per problemi economici, che in parte saranno risolti (quando sarà operativo) dal "Decreto Rilancio". Ma soprattutto perché è tormentato da dubbi e paure, causati da una serie di norme assurde e da una generale sfiducia dello Stato nel suo operato. Non dormirà la notte pensando che rischia d'essere responsabile penalmente e civilmente nel malaugurato caso in cui un collaboratore si ammali di Covid-19, nonostante l'INAIL abbia chiarito ieri che questa responsabilità sussiste se viene accertato il dolo o la colpa dell'imprenditore (in cosa consista la colpa, sarà oggetto di grandi discussioni nelle prossime settimane). Così come si chiederà in quanto tempo arriveranno questa volta le risorse della CIG (soprattutto in deroga) e se sarà costretto di nuovo ad anticiparle ai lavoratori. E forse tremerà all'idea che il funzionario di banca che sta esaminando la sua richiesta di finanziamento possa essere frenato dalla responsabilità per bancarotta posta in capo all'istituto di credito, nell'ipotesi di fallimento dell'azienda finanziata.
Il sogno di un'Italia (più) semplice non è mai stato così forte e diffuso. Perché, citando Winston Churchill, solo se l'impresa privata non sarà più considerata «una tigre feroce da uccidere subito o una mucca da mungere», ma «un robusto cavallo che traina un carro molto pesante», l'Italia potrà ripartire davvero. Cambiando la sua traiettoria di declino.
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