Tamar Pitch, autrice di
Contro il decoro (Laterza, pagine 96, euro 14), scrive a p. 6: «Il e la buona cittadina"». «I e le migranti» (p. 34) può andare, perché, complice il plurale, sta per «I migranti e le migranti», ma «Il buona cittadina» sottinteso alla prima locuzione è ridicolo. Questa dislessia grammaticale è speculare alla dislessia logica che pervade il pur breve saggio.Dizionario alla mano, per Pitch «decoro è sinonimo di dignità, contegno, convenienza, discrezione», e spiega: «Decoroso è chi sta nei limiti, e i limiti devono almeno sembrare, se non essere, autoimposti»; «ma resta il fatto», conclude, «che nel senso comune prevalente il sostantivo “decoro” e l'aggettivo “decoroso” non si applicano a tutte le posizioni sociali. Come a dire che i ricchi e i potenti non hanno bisogno di imporsi i limiti e non devono essere “decorosi”».A parte la mentalità veteroclassista – del resto, Pitch rimpiange «l'esplosione di creatività nonché la spinta all'aggregazione orizzontale» del Sessantotto – l'autrice così interpreta, per esempio, la normativa antidroga: «Lo sballo non deve essere concesso ai ragazzi e alle ragazze, ma riservato ai ricchi (preferibilmente anziani), giacché lo sballo giovanile è potenzialmente trasgressivo e dunque pericoloso. Va da sé che il contrasto allo sballo è anche una buona ragione per controllare e addirittura chiudere i luoghi dove i giovani si incontrano, a partire dai famigerati centri sociali».Pitch è contraria anche alla tessera del tifoso, dispositivo che «ha prodotto l'indebolimento di una forma di aggregazione giovanile, i gruppi ultrà organizzati», ed è strumento di «controllo e repressione sui giovani (maschi, soprattutto)».Quanto alla prostituzione per le strade, «le ordinanze dei sindaci sono (anche) esempi preclari di discriminazione sulla base del sesso (genere), nonché cattiva letteratura di sapore ottocentesco intrisa di retorica anti-femminile. Rispolverano vecchi arnesi quale il comune senso del pudore, e, mettendolo in stretta connessione con il decoro della città, svelano il significato autentico di quest'ultimo, ossia che esso ha molto a che fare con il modo in cui le donne, tutte le donne, si vestono e si comportano». Quanto ai risultati, le ordinanze «hanno certo reso più difficile la vita di chi si prostituisce per strada, costringendo molte a optare per appartamenti e privé, ciò che le rende più vulnerabili ai ricatti e alle coercizioni. Per il resto, il commercio sessuale si è semplicemente spostato, spesso solo temporaneamente, da un luogo all'altro del territorio. Oppure, come a Roma, chi esercita sulle vie consolari ha adottato un abbigliamento “decoroso”, lasciano minigonne inguinali e tacchi a spillo alle studentesse della Sapienza». Le studentesse ringraziano.Senza dilungarci nella casistica, ciò che dà fastidio a Tamar Pitch sono i limiti, i limiti in quanto tali, mentre il ruolo della legge, nelle società civili e democratiche, è proprio quello di porre dei limiti. Si discuterà su quali e quanti limiti, se ne potranno spostare i confini, ma senza limiti c'è la giungla, «l'esplosione di creatività» del Sessantotto.Davvero ci vuole del talento per condensare in così poche pagine tanta assenza di pensiero. Tamar Pitch, si apprende dal risvolto di copertina, è ordinaria di Filosofia e Sociologia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Perugia, dove «ha istituito una materia innovativa denominata Femminismo giuridico». A furia di innovazioni, non c'è limite al degrado dell'insegnamento universitario.