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SlalomQuando una nuova cura apre il paracadute e rallenta la malattia

Salvatore Mazza giovedì 17 gennaio 2019
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Il nome è di quelli impossibili: acido tauroursodesossicolico. Molto più semplice usare l'abbreviazione, Tudca. L'acido in questione è un acido biliare, usato come principio attivo di un farmaco contro alcune patologie a carico del pancreas. Ma qualcuno ha scoperto che, in dosi quattro o otto volte superiori, potrebbe essere efficace anche contro la Sla, nel rallentarne significativamente la progressione. Tanto che l'Agenzia europea del farmaco, nella primavera del 2017, l'ha dichiarato «farmaco orfano» (un farmaco è detto "orfano" quando è ritenuto potenzialmente utile per trattare una malattia rara) proprio contro la Sla. E in tutto il mondo sono in corso studi clinici per verificare quell'ipotesi.
A darmi la notizia, a gennaio del 2018, è la più grande delle mie sorelle, che fa il medico e ha letto di questa cosa in una delle decine di riviste scientifiche che le arrivano a casa. Un neurologo italiano, Alberto Albanese, dell'Humanitas di Milano, ha portato avanti la prima fase dello studio e ora, con un finanziamento europeo, si avvia a iniziare la seconda fase. «Che dici – mi fa –, provo a contattarlo?». Sono gli stessi giorni in cui ho appena rinunciato, perché troppo invasiva rispetto ai (risibili) potenziali benefici, alla nuova cura disponibile per i malati come me. E il mio organismo dimostra sempre più chiaramente di non sopportare neppure il Riluzolo. Perché non provare? Anche solo informarsi non costa nulla.
Albanese si dimostra una persona molto paziente e cortese nel lungo ma veloce scambio di email. Avute tutte le informazioni ne parlo con i miei "angeli custodi", il professor Sabatelli e la dottoressa Conte, i quali (ovviamente) sanno dello studio in questione, e non hanno nulla da eccepire al fatto che io possa iniziare ad assumere il Tudca. Così, l'8 febbraio, inizio con questo farmaco nuovo, che ben presto diventa l'unico che prendo, visto che nel frattempo un ulteriore controllo ha indotto Sabatelli a sospendere definitivamente il Riluzolo.
Dopo qualche settimana avverto che qualcosa sta cambiando, ma non voglio parlarne ancora con nessuno. È come se quella sensazione di cadere in un precipizio stia radicalmente rallentando: è davvero così, o sono io che voglio vederla così? Arriva la visita di controllo di fine aprile, e l'osservazione obiettiva di Sabatelli conferma la mia sensazione: praticamente nella stessa situazione di gennaio. E lo stesso a fine giugno, nessuna variazione significativa. Ovviamente è troppo presto per dire se sia merito del Tudca o se sia una fase "tranquilla" del decorso della malattia. Quale che sia, per me è comunque un successo.
(8-Avvenire.it/
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