Sarà che mi piacciono le antologie come strumenti d'uso, sarà che le poesie mi attirano per la loro concentrazione e maneggevolezza, ma sono convinto che quest'anno uno dei migliori e più utili libri in circolazione, che consiglierei senza riserve, è proprio un'antologia poetica: La voce verticale. 52 liriche per un anno (Rizzoli) di Walter Siti. Il volume raccoglie le pagine che nel corso del 2014 lo scrittore e critico ha dedicato settimanalmente su Repubblica ai suoi poeti preferiti. Concluso l'anno con le sue 52 settimane, Siti si è accorto di avere almeno cinque rimpianti: aveva tralasciato Bertolt Brecht, Sylvia Plath, Jorge Luis Borges, Boris Pasternak, Stéphane Mallarmé. Più tardi, come scrive nella prefazione al libro, i rimpianti sono aumentati: mancavano anche Wordsworth, Li Po, Celan, Scève, Catullo, Whitman, Seferis, Hopkins, Rumi, Holan. Nonchè molti, forse troppi italiani: Jacopone e Metastasio, Carlo Porta e Delio Tessa, Gozzano e Saba, Caproni, Bertolucci, Sereni, la Cavalli, la Valduga... Il guaio, o meglio la cosa interessante, è che dichiarando i suoi rimpianti Siti non fa che sottolineare la sua indifferenza o quasi per molti altri poeti da lui ignorati ma neppure rimpianti: per esempio Giudici e Zanzotto, Eliot e Dylan Thomas, Majakovskij, Apollinaire, Quevedo, Shelley... Fra gli italiani delle ultime generazioni, Siti sceglie solo Milo De Angelis: non obietto, mi meraviglio e mi chiedo perché. Ma il gusto conta e ogni critico deve avere il suo, per quanto discutibile. Questo gioco delle assenze sarebbe fatuo e inopportuno se non fosse che è lo stesso Siti a enunciare un principio che soprattutto oggi dovrebbe essere ripetuto come un mantra: «Più ancora di ogni altro genere letterario, la poesia esige il giudizio di valore: ferme restando le oscillazioni personali e storiche del gusto». Insomma, senza scelte di gusto e capacità di valutazione, tutti i testi in cui si va a capo sarebbero poesie. In effetti è quello che oggi accade. Al punto che una sufficiente educazione alla scelta e al gusto manca perfino nei critici e negli studiosi, che si sono trasformati in archivisti e schedatori al servizio delle maggiori case editrici. Poeti pessimi e insulsi non-poeti passano ormai per autori indiscutibili. Siti, per fortuna, non è indulgente. La crudele lucidità del narratore e una straordinaria competenza di studioso fanno di lui, oggi, uno dei rari critici che vedono e parlano chiaro.