«Silenzi»: tra schermi, libri e l'"Altro" che non delude"
Per coincidenza, stesso giorno, sul "Domenicale" del "Sole" (p. 32) Gianfranco Ravasi affronta il tema de "l'oltrevita" – teologia, storia, filosofia – richiamando Ernst Bloch, la teologia della speranza di Jurgen Moltmann e la molteplice tematica del cosiddetto «aldilà», che consente di «strappare la vita» alla morte, «ultimo nemico» (I Cor. 15, 26). Un tema eterno, ma troppo spesso e a lungo come dimenticato anche nella predicazione e nella pastorale della Chiesa, e forse di tutte le Chiese. Ripensare i "Novissimi", allora? E si può cominciare annotando che anche due recenti illustri pubblicazioni di ecclesiastici di gran nome continuano a usare un linguaggio del tutto improprio, e addirittura contraddittorio.
Esempio secco: dire che «C'è un dopo» è improprio e contraddittorio. La vita eterna non è come tale «dopo», perché la morte è uscita dal tempo, approdo alla presenza di Dio che non è né prima, né durante, né dopo: è, semplicemente è. Altro. Il tempo continua a passare da questa parte, per noi, ma per chi muore c'è appunto "Altro", e non va avanti. Ogni tentativo di "coniugare" il tempo con l'eternità induce in una prospettiva falsa. È la forza di quel «Prima che Abramo fosse, Io sono» sulla labbra di Gesù (Gv. 13, 19). Finché si continua nell'equivoco del «dopo» tutto resta confuso nel morire, mentre Lui è «la Vita», che ha sconfitto la morte.