La politica, la grande politica rappresentata dai leader di tutto il mondo e dalle decisioni che sono delegati a prendere, sembra davvero che sia sotto assedio. È un bene, perché i politici sono pigri, nonostante le apparenze: arrivano a decidere sempre in ritardo. I problemi del clima e quelli della pandemia sono di una tale gravità, che il modo di affrontarli, l'eccezionale urgenza ed efficacia che impongono alla politica vanno però al di là della politica, perché investono tutto il nostro modo di vivere e di pensare. Sono l'intera società e l'intera cultura (dalle scienze alle religioni) a essere coinvolte, e quindi da esaminare, giudicare, rinnovare. Per questo la società e i singoli hanno cominciato a reagire. Negli ultimi tempi lo si è visto con le manifestazioni contro l'uso dei vaccini anti-covid e con quelle dei più giovani contro la lentezza politica e la sordità sociale a proposito di avvelenamento del pianeta. Stanno così emergendo due diverse culture: quella di chi chiede più libertà e quella di chi chiede più responsabilità. Non si può fare a meno né dell'una né dell'altra: ma si tratta sempre di vedere in concreto libertà e responsabilità di che cosa. Se si vive di formule e di astrazioni concettuali, ci si crede coerenti e si finisce per essere confusi. Ogni idea, buona o cattiva, ha i suoi dintorni, il suo prima e il suo dopo, il suo clima morale, le sue applicazioni e circostanze. Non sarebbe male se ognuno si chiedesse in quali atti della propria giornata è stato libero di fare che cosa e si è sentito responsabile nei confronti di chi. Non c'è problema mondiale che non passi attraverso la consapevolezza o l'ottusità di ogni singolo individuo.