Siamo tutti “sconfitti” in un mondo di triste farsa
ammazzato, in un carcere dove vede i "dimenticati", gli scarti della società, gli "ultimi" che voleva narrare, esultare di gioia alla visione non di un film "impegnato" ma di cartoni animati e di vecchie comiche. Scriverà anni dopo il grande Palazzeschi, in chiave anti-zavattiniana: «Abbasso il neorealismo! Viva il Technicolor!» ed esaltando i musical e Totò... Da amico di Sturges, Billy Wilder si convertirà, dopo grandi film "impegnati", dopo L'asso nella manica e Viale del tramonto, a far solo commedie,
convinto della necessità di divertire il grande pubblico dei "normali", dei proletari e del ceto medio, per far loro dimenticare i propri guai, e però in modi intelligenti e "critici", cinicamente istruttivi. È questo un vecchio dilemma della storia del cinema che esprime, diciamo, una necessaria dialettica tra le
ragioni del divertimento e quelle dell'aiuto a pensare, oggi
malamente confuse. e le seconde pressoché sconfitte in una melensa mescolanza dei generi. I "dimenticati" del titolo italiano dei "viaggi di Sullivan" erano i dannati della terra, gli emarginati, i poveri, gli "Sconfitti" – e oggi lo siamo un po' tutti, ci ricorda il titolo del bel libro di Corrado Staiano edito dal Saggiatore, parlando peraltro non dei miseri ma degli italiani-con-coscienza-civile.