Caro Avvenire, il problema dell'evasione fiscale non si risolverà senza la collaborazione di tutti gli italiani. Siamo tutti professionisti dell’evasione quando, per esempio, ci viene proposto un acquisto di beni o servizi “in nero”, a un prezzo più conveniente, e accettiamo senza troppi scrupoli. Salvo poi far pagare a tutti i disastrosi effetti conseguenti. L'evasione fiscale è una questione di onestà. Ma l'onestà è ancora una virtù praticata?
Maria Giovanna Galli
Oltrona di San Mamette (Co)
Gentile signora Galli, nel Paese in cui nessuno dichiara volentieri i propri compensi, e i guadagni sono ormai più segreti delle vicende d’amore, sesso e salute, di cui tutti parlano senza reticenze, l’evasione fiscale è un male nazionale che però riguarda sempre gli altri. Non è quindi sbagliato fare un mea culpa collettivo. Vedo tuttavia un ulteriore rischio. Tutti responsabili, nessun responsabile. Il problema c’è, ma non si può fare nulla, rassegniamoci, punto e a capo.
Non è così, a mio parere. Se si stringono le maglie, come sta facendo l’Agenzia delle entrate, i risultati arrivano: nel 2023 sono stati recuperati 24,7 miliardi di euro, 4,5 miliardi in più rispetto al 2022. E la differenza tra il gettito riscosso e quello dovuto è scesa dagli 89,5 miliardi del 2016 ai 66,5 miliardi del 2021. Nel salutare i dati positivi, non si può ignorare l’enorme entità dei redditi e delle ricchezze che sono nascosti, con il risultato di un rilevante mancato apporto alla collettività.
Tutto origina dal fatto che non siamo onesti? Dipende dall’idea di onestà che abbiamo. Temo che per molti pagare le tasse non rientri in questa virtù. Gli evasori in stragrande maggioranza non sono persone che entrano in un negozio e si mettono in tasca qualcosa. Spesso, anzi, sono brave persone erroneamente convinte di stare difendendosi da uno Stato rapace, il quale sottrae loro ciò che a fatica e onestamente hanno guadagnato. Questa idea discende da una tradizione di amministrazione pubblica accomodante, che ha usato mano leggera per avere consenso e quieto vivere, dato che i più danneggiati dall’evasione non esercitano la protesta e vanno meno a votare. Forse per questo a volte ci sfugge un “i lavoratori autonomi facilmente eludono il dovuto, i dipendenti non possono farlo”. Come a dire: sono obbligati, ma se avessero l’occasione di scegliere...
Dobbiamo recuperare un senso pieno di onestà - ha ragione, signora Galli -. E per questo serve non solo la repressione ma l’educazione: capire che tutti beneficiamo di tanti servizi gratuiti o sotto costo, anche molti difficili da notare, e dunque è giusto contribuire secondo le nostre possibilità. Quando propone di pagare in nero oppure di avere una fattura più alta, il fornitore sta caricando le sue tasse sulle nostre spalle. Seppure la decisione sia difficile, sarebbe opportuno resistere alla via più semplice. Ancora una volta, però, si ha la spiacevole sensazione di essere in minoranza nel contrastare il malcostume.
Bisognerebbe rompere i tabù e chiedere nelle interviste ai personaggi famosi non quanti fidanzati hanno avuto, ma quanto incassano e quanto versano al Fisco. Sarebbe una rivoluzione culturale dalle conseguenze positive.
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