Siamo esseri irripetibili o macchine sofisticate?PaoloBenanti
Agli inizi degli anni Quaranta il fisico austriaco Erwin Schrödinger, dopo il Nobel nel 1933, elabora una trattazione illuminante e anticipatrice di quel problema cruciale che è dare una spiegazione fisica del fenomeno della vita. A questo interrogativo prova a rispondere applicando i metodi della fisica quantistica allo studio delle molecole viventi di interesse genetico. Nella sua analisi Schrödinger parte dall'evidenza che esista una contrapposizione tra la tendenza dei sistemi microscopici a comportarsi in maniera "disordinata" e la capacità dei sistemi viventi di conservare e trasmettere grandi quantità di informazione utilizzando un piccolo numero di molecole, come aveva dimostrato secoli prima Gregor Mendel, ciò che richiede necessariamente una struttura ordinata. Siccome dall'analisi della natura troviamo che una disposizione molecolare ordinata si trova nei cristalli, elementi che ripetono sempre la stessa struttura e che risultano quindi inabili a contenere grandi quantità di informazione, il Nobel austriaco postulò che l'unico modo in cui un gene può mantenere l'informazione sia quello che chiama una molecola di un cristallo aperiodico: una molecola, supposta di grandi dimensioni, che sia dotata di una struttura non ripetitiva, capace di una sufficiente stabilità strutturale e adeguata capacità di contenere informazioni. Tale codice memorizzato da questa molecola di cristallo aperiodico doveva, secondo Schrödinger, contenere il piano di sviluppo dell'organismo. Da queste intuizioni trassero origine alcuni dei cambiamenti più grandi della biologia: la corrente di pensiero che si formalizzerà nella biologia molecolare, l'adozione di criteri quantitativi nella trattazione dei problemi biologici, specialmente quelli genetici.
Le ipotesi di Schrödinger portarono nel 1953 alla scoperta di Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins: la struttura del Dna. Oggi abbiamo la certezza che il Dna è proprio quel cristallo aperiodico teorizzato da Schrödinger e che elabora e codifica l'informazione necessaria a tenere "ordinato" il processo vitale. Se la vita si fonda sull'informazione, allora una domanda implicita inizia a serpeggiare nel nostro modo di approcciarci in particolar modo alla vita umana: la persona funziona come una macchina o esiste come un essere unico?
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