Sette miliardi e 800 milioni di facce diverse, 208 Stati, solo la metà governati in democrazia. Parliamo 125 macrolingue con migliaia di idiomi, professiamo 100 macroreligioni con centinaia di sfumature differenti all'interno di ognuna. Non sempre i numeri dicono tutto, quasi sempre dicono tanto. Siamo precari, siamo circa. Il 40% gialli, il 21% marroni, il 21% neri, il 18% bianchi. Il 70% della popolazione del pianeta vive in case non abitabili, il 35% è analfabeta, 850 milioni di persone sono sotto la soglia della nutrizione minima, ma 1 miliardo e 700 milioni sono sovrappeso, 24mila muoiono di fame ogni giorno, 750mila sono obese. Circa 42 Stati sono attualmente in guerra, cioè milioni di persone si svegliano ogni mattina sotto la minaccia delle armi. Nessuno di loro e di noi ha scelto dove nascere, quando nascere e con quale sesso, l'1% del genere umano possiede da solo il 50% delle ricchezze della terra. Vergogna e meraviglia dell'imperfezione umana: il suo contrario è un obiettivo nobile e pericoloso, perché l'ossessiva ricerca della perfezione genera delusione se non la raggiungi. Siamo biodiversi, siamo quasi. Dobbiamo accettarci per misurarci e per migliorarci: prenderne atto non è rassegnazione, ma un modo per gestire l'esistente con speranza. E senza illusioni.