Una serie tv. Niente di che, un prodottino americano gradevole e professionale. A un certo punto i protagonisti, una donna e un uomo, si trovano di fronte a un dilemma. «Come potrei fare?» singhiozza lei. «Non so» ribatte lui. «Si deve fare, e basta». Per non apparire gender uncorrect preciso che il botta e risposta avrebbe funzionato anche a parti invertite: lui che piagnucola e lei che taglia corto. Anzi, forse avrebbe funzionato di più. Buttato lì a caso dagli sceneggiatori che probabilmente avevano solo voglia di tornare a casa a farsi un drink, quel «si deve fare, e basta» mi dà uno strano senso di libertà. Sfoltisce una quantità di dilemmi inutili in cui mi incarto ogni giorno, offre solide sponde al bene prezioso dell'arbitrio. Mi orienta, mi dà sicurezza. Ci sono cose che si devono fare e basta. A mio figlio riottoso di fronte alle rogne dell'adultità spiego pazientemente e rispiego, porto argomenti e dimostrazioni, prove e controprove, esempi, testimonianze, puntelli teorici e pratici… Ma un bel «si deve fare, e basta» non ha mai ucciso nessuno, mi pare. O anche il corrispettivo «non si fa». Ci sono cose che si devono fare, e altre che non si devono fare. Ci sono princìpi a cui ci si deve attenere e che, come direbbe Antigone, esistono da sempre, e «nessuno sa quando comparvero né da dove».