Esistono luoghi che la mano di qualcuno ha cosparso di magia, con la stessa delicatezza che si usa con lo zucchero a velo su una torta calda. L’aroma alla fine è identico, anche se sono luoghi quasi normali. Prendete la libreria Shakespeare and Company, a Parigi. Sta lì, imperterrita ma discreta dal 1919, sulla Rive Gauche, addossata a un piccolo giardino, a due passi dalla delusione delle transenne che ancora sbarrano Notre Dame. C’è sempre una piccola fila davanti, raramente la gente la fa per leggere o per comprare. Io ricordo di essermi messo in coda per capire. Per vedere non tanto i libri, allineati in piccoli scaffali antichi, di legno scuro venato dalla memoria, su due piani stretti stretti che fatichi a muoverti. Volevo vedere la faccia delle persone che entrano in quella cripta delle parole scritte. Che rispettano il silenzio come l’unica religione possibile, che passano le dita incerte sui dorsi di volumi che sembrano di velluto. E che si innamorano dell’ultima stanzetta concessa alla vista, quella riservata alla lettura: due panchette in tutto e uno scrittoio per sfogliare ciò che scegli davanti a una finestrella aperta sulla città. Non credo esistano luoghi più pieni di meraviglia e di speranza. Per un mondo che non strilla, e che si mette pagine di inchiostro negli occhi per vedere quello che gli altri, purtroppo, non vedono più.
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