Era il 6 gennaio 2016 quando Natalia Ponce de León ha compreso di non essere più una vittima ma una guerriera vittoriosa. Tutto il dolore sofferto si era trasformato in qualcosa di utile per le altre donne. Esattamente 5 anni fa la Colombia ha approvato la legge per la quale si era lungamente battuta (che oggi tutti conoscono come la legge Ponce de León) e grazie alla quale l'aggressione con sostanze chimiche è diventato un reato a sé stante, punito con particolare severità. Natalia è una splendida 41enne nata a Bogotà. La sua vita ha un "prima" e un "dopo". Prima: il 27 marzo 2014, quando un uomo ossessionato da lei le gettò addosso un litro di acido solforico. Dopo: il 37% del corpo bruciato, il bellissimo volto annientato, 31 operazioni chirurgiche, trattamenti dolorosissimi, mesi trascorsi in ospedale. Quel dolore è stato messo a frutto: ferita nel corpo ma non nell'animo, nel 2015 ha creato a Bogotà la Fondazione Natalia Ponce de León per proteggere, assicurare giustizia, diritti e cure mediche alle donne sopravvissute agli agenti chimici in Colombia, uno dei Paesi del mondo in cui si consumano più aggressioni di questo tipo in rapporto alla popolazione. Nello stesso anno ha pubblicato un libro autobiografico, dove paragona sé stessa a un'araba fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Intanto proseguiva la sua tenace campagna per l'approvazione della legge che stabilisce il reato di aggressione chimica. L'impegno per far emergere una tragedia nascosta che affligge soprattutto le donne è valso a Natalia riconoscimenti internazionali come nel 2016 l'inserimento nell'elenco delle 100 donne più rilevanti dell'anno per la Bbc e nel 2017 il Premio Women of courage (Donne coraggiose) del Dipartimento di Stato americano. Grazie alla legge Ponce de León, l'aggressore di Natalia è stato condannato a 21 anni di carcere, tante altre donne hanno avuto il coraggio di denunciare e gli attacchi chimici nel Paese sono calati: da 100 segnalati nel 2011, quando la Colombia deteneva il record mondiale in rapporto alla popolazione, a 53 nel 2017. La Fondazione ha accompagnato e assistito finora 70 sopravvissute e svolge in tutto il Paese sudamericano vaste campagne di sensibilizzazione ed educazione contro la violenza di genere. Natalia è diventata in Colombia il simbolo della forza delle donne. «Oggi sono felice – commenta lei – . Come sono riuscita a superare il mio dolore e trasformarlo in felicità? Con la costanza: tutto quello che i medici mi dicevano di fare, io lo facevo, per quanto fosse duro e faticoso e grazie a questo ora ho un volto con il quale mostrarmi agli altri. Con la fiducia nella giustizia. Con l'amor proprio. Oggi perdono l'uomo che mi ha attaccato: io sono libera, sono nello stesso tempo un'opera d'arte e un miracolo». Il messaggio che rivolge alle donne maltrattate e abusate, attraverso la Fondazione Natalia Ponce de León – La vita rinasce, le sue iniziative di protezione e sostegno e le sue numerose testimonianze pubbliche, è che «il dolore è una strada verso la felicità: se riusciamo a trasformarlo in forza di cambiamento, non saremo più vittime ma vittoriose». Ma resta molto da fare: «La normativa del 2016 sulle aggressioni con agenti chimici è severa, ma purtroppo resta in gran parte sulla carta – dice ad Avvenire –. Il governo non la implementa. Il fenomeno è ora evidente a tutti, ma le donne hanno ancora paura a denunciare perché manca una risposta rapida. Non ci sono sufficienti controlli sulla vendita di sostanze chimiche, né un registro che tenga conto di quante donne vengono aggredite nelle zone rurali del Paese». Ma Natalia non è una che si arrende.
(ha collaborato Claudia Demeure)