Si sta diffondendo, mi pare, un senso di irrealtà, forse anche dovuto all’abuso dei nuovi media che diminuiscono o cancellano le esperienze dirette, fisiche, e i contatti umani “in presenza”. Anche per prendere atto seriamente dei gravissimi e drammatici problemi del mondo attuale (guerre, clima, migrazioni) sembra che ci sia bisogno di esserne vittime, altrimenti manca l’immaginazione per capirli. Le guerre e il loro infernale orrore sono comprensibili, come si sa, soltanto da coloro che combattono e ne sono colpiti di persona: chi ne è fuori e ne è spettatore spesso finisce per delirare stupidamente in proposito. Del resto, poche sono le cose prese responsabilmente sul serio. Tutto, nelle nostre società, tende oggi a somigliare a una specie di carnevale. Da qualche decennio ci si è abituati, soprattutto i più giovani, a vivere in maschera. Si finge anche di essere artisti, senza averne le qualità. Si crede di essere e di poter essere qualunque cosa si desidera e si fantastica di essere. Si è arrivati a credere, per esempio, di poter scegliere “liberamente” e decidere il proprio sesso, cancellando il fatto che si nasce femmine o maschi, non importa, poi, quali saranno le proprie preferenze erotiche. La natura esiste e dimenticarla o credere di cancellarla sta producendo effetti devastanti nella realtà del mondo in cui viviamo. Ci si nutre di finzioni, mentre la cosiddetta, intossicante e “drogata” realtà tecnologicamente “aumentata” è in verità realtà diminuita, dimezzata o falsa. Così l’irrealtà sta inquinando tutto: i rapporti personali, familiari, sentimentali, sociali, culturali e politici. Perfino la questione dell’antifascismo e del fascismo è stata contaminata nelle ultime settimane da una retorica de-realizzante. Dichiararsi enfaticamente, oggi, in Europa, antifascisti o fascisti ha qualcosa di forzosamente anacronistico: è nella maggior parte dei casi un mettersi in posa, è una recita pseudo-eroica o pseudo-minacciosa. Si dimentica che il fascismo e l’antifascismo sono stati drammaticamente reali tra il 1920 e il 1945, e costruire ora trincee di cartapesta è una farsa, un deprimente, ridicolo ballo in maschera. La gestualità retorica, il folklore politico prendono il posto della realtà. Ci si sente fascisti alzando il braccio e comunisti stringendo il pugno. Ci si sente partigiani cantando “Bella ciao”, bellissima canzone, che però deve valere per ricordarci chi morì combattendo realmente il reale nazifascismo, e non per inscenare un conflitto che non costa niente, ma semina un odio senza contenuto se non simbolico. Purtroppo anche gli odii irreali possono produrre effetti reali: l’osceno riemergere nel mondo dell’antisemitismo ne è un segno. Si odia per il gusto di odiare.
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